Un album ambizioso questo dei lombardi “The Pools”, un concept album sul tema della creazione in tutte le sue sfaccettature; come momento generativo nella realizzazione di un’opera d’arte o come esperienza di vita vissuta, di evoluzione, di cambiamento. Creazione come possibilità di essere, anelito verso l’in(de)finito di Leopardiana memoria, slancio vitale verso qualcosa che non c’è ma che ci potrebbe essere, verso una dimensione diversa dal reale, possibilmente migliore … Anche il titolo ti sospinge verso considerazioni colte: chiaro riferimento al concetto di risonanza del Matematico Schumann (7.83 appunto), un gigantesco fenomeno di risonanza magnetica con la Terra e la ionosfera che giocano tra loro in una costante vibrazione … costruendo un ritmo che accompagna e culla il cervello umano. Con queste premesse, uno “Zibaldone” in musica, non ci si poteva che aspettare che un “approccio culturale” anche nella costruzione della musica e del suo divenire ma i brani pur nella ricercatezza della forma “suite”, senza soluzione di discontinuità l’uno dall’altro, non riescono a convincere a pieno come costruzione unitaria. Lo stile c’è, un ricercato alternative prog contaminato da momenti di facile lettura pop, ben suonato con le chitarre in evidenza ed una sezione ritmica particolarmente incisiva anche perché giocata sulla semplicità ed immediatezza. Se dovessi forzarmi a trovare una radice parlerei dei Porcupine Tree del periodo di “SIgnify”, o dei Pendragon anche se con alcuni accenni hard rock più duri per arrivare anche alle sonorità dei Radiohead di “OK Computer”. Quello che trovo meno nel disco sono i momenti dinamici a supporto del pathos, cosa che rende un po’ piatto l’ascolto. Altro punto da migliorare è la voce, non nel senso della timbrica che risulta adatta alle sonorità ricercate e ben usata come toni e tempi, ma nella pronuncia dell’inglese lingua scelta per tutti i brani. Forse si potrebbe anche optare per la lingua italiana che se da un lato impoverisce la metrica, dall’altro permetterebbe di portare i testi, parte integrante del concept, ad una fruibilità migliore. Un disco “di passaggio” quindi, che rappresenta a pieno le potenzialità di questa band di giovani che invece di rincorrere le facili strade che oggi la tecnologia permette, dimostrano di voler costruire qualcosa di duraturo e profondo; vogliono pensare e far pensare ... La strada è avviata, ci sono ancora alcune tappe ma la meta è già azzeccata. Sono già in attesa del vostro prossimo passo- 65/100
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Mauro: voce Anno: 2014 01. The well of creation 02. Arthur the hedgeheg 03. Kerouac the load 04. Schumann resonances 05. Jenny the peacock 06. Kevin the mole 07. It’s full of stars change 08. The tired buddha 09. Yet i lowed 10. chiara |