Now What ?!, si chiedono i Deep Purple, tra l’interrogativo e l’esclamativo, una domanda, un dubbio, come se a lavoro finito non sapessero più cosa fare, oppure come se ad otto anni dal precedente “Rapture Of The Deep”, la band si chiede , “ok siamo tornati ed ora?”. La risposta per me è molto semplice, la band simbolo dell’hard rock mondiale è tornata con quello che a mio avviso è il loro migliore album dai tempi di “Perfect Strangers”, parliamo quindi di ben 29 anni fa, ed aggiungerei che questo diciannovesimo traguardo è anche migliore dell’album appena citato, perché ci riporta anche agli anni settanta e ci sono anche nuove idee fresche e più attuali. Esagerazione? Assolutamente no!! Ascoltatelo attentamente in tutte le sue sfumature, senza sparare a zero al primo ascolto (il sottoscritto prima di pubblicare questa recensione lo ha ascoltato tre volte) e vi accorgerete del valore di questo nuovo lavoro. Ian Paice e Roger Glover sono una sezione ritmica che non ha bisogno di elogi, la chitarra di Steve Morse è sempre pronta a creare paesaggi sorprendenti, le tastiere di Don Airey, mai come in questo album cercano di ricordare il grande Jon Lord e la voce di Ian Gillan, anche se non ha più la stessa potenza del passato, è sempre molto espressiva ed inimitabile. “A Simple Song” è introdotta da un lento e blueseggiante guitar solo di Steve Morse e la voce di Ian Gillan con la sua timbrica particolare, il brano poi esplode e ci riporta indietro nel tempo, con un occhio ai seventies, grazie al sapiente uso dell’Hammond da parte di Don Airey e nel finale ritorna al punto di partenza e “Weirdistan” è un brano che ricorda molto il periodo di “Perfect Strangers”, per le ritmiche, le orchestrazioni e Don Airey rispolvera il suono di un moog, spostando il sound verso un rock progressivo aggressivo ed anche moderno. Il misterioso intro tastieristico di “Out Of Hand” spiazza, in quanto poi un riff 100% Deep Purple ci riporta sempre a quel lavoro che ci riconsegnò la band nel 1984, poi ancora un refrain melodico ed orecchiabile ed un grande Steve Morse che suggella il tutto con un grande assolo ed il finale si fa teatrale e drammatico con Morse ed Airey in risalto ed ancora “Hell To Pay”, puro hard rock corposo e trascinante e nel bel mezzo un tocco barocco grazie all’Hammond che si lascia andare in fughe e sfuriate come ai vecchi tempi (“Space Truckin”), sicuramente un brano che avrà un grande impatto in sede live. L’intro di batteria e le parti chitarristiche di “Body Line” ci fanno viaggiare ancora indietro nel tempo (“Never Before “), poi entra nuovamente l’Hammond ed il riff ci ricorda album come “Machine Head” o “Fireball”. “Above And Beyond” ha una lunga intro che ci riporta su sentieri più progressivi ed ancora una volta Airey e Morse dimostrano di essere vera linfa vitale della band, mentre “Blood From A Stone” ha un groove psichedelico e blueseggiante ed è trascinante più che mai, grazie anche ad un’ottima performance vocale di Gillan e le tastiere di Airey rievocano il Manzarek di “Riders On The Storm” ed “Uncommon Man” ha una splendida intro intimista ed ariosa grazie sempre allo splendido lavoro di chitarra e tastiere e qui Morse suona veramente con il cuore e con l’anima. Il brano poi si trasforma e se gli Emerson Lake & Palmer rivisitarono la “Fanfare for The Common Man” di Aaron Copland, i Deep Purple scrivono la loro fanfara, ma quella dell’Uncommon Man (sicuramente un riferimento ironico) quindi tastiere che emulano fiati, un sound molto progressivo, Hammond ad oltranza e nel mezzo Don Airey ci riporta più volte a sconfinare nel progressive, grazie alla sua padronanza dello strumento ed alla sua lunga esperienza e professionalità, quasi sette minuti di grande musica. “Après Vous” è spettacolare, cambi di tempo, virtuosismi, ma anche riffs tipici, un organo impetuoso, una sezione ritmica perfetta ed impenetrabile e Ian Gillan che ce la mette veramente tutta e nel mezzo una parte strumentale che grazie alle orchestrazioni di Airey ben si presterebbe per fare da colonna sonora ad un film ed ancora un feroce duello tra chitarra e tastiere, come ai vecchi tempi. Andiamo verso il finale con “All The Time In The World”, brano che abbiamo già sentito in rete, un grande brano semplicemente rock, con un refrain melodico ed avvolgente e l’assolo di Morse, breve ma intenso e penetrante e con “Vincent Price” introdotta da un organo a canne, un coro di ragazzi ed ottimo hard rock. La versione standard si chiude qui, mentre la limited, oltre ad avere un dvd in più, racchiude anche “It’ll Be Me”, interpretata anche da Jerry Lee Lewis, quindi puro e semplice rock’n’roll, fonte da qui i Deep Purple hanno sempre attinto. Merito della riuscita di questo album, va sicuramente al produttore Bob Ezrin (Alice Cooper, Pink Floyd, Kiss), che ha curato tutto nei minimi dettagli ed ha fatto uscire il meglio da ogni componente della band e se Now What ?! (completamente dedicato a Jon Lord) dovesse essere l’ultimo capitolo della storia dei Deep Purple (mi auguro di no con tutto il cuore!!), sicuramente usciranno di scena in grande stile!! 85/100
|
Anno: 2013 |