Nati nel lontano 1999 ma debuttanti solo 7 anni dopo con l'album Sham Of Perfection (ben accolto da critica e pubblico), i friulani Tystnaden tornano ora con un nuovo disco di inediti a 4 anni dall'ultimo, dopo l'ennessimo cambio di line-up (che ne ha minato la continuità creativa) dal titolo Anima. Un disco registrato più di un anno fa ma che ha visto la luce solo adesso grazie ad un nuovo contratto con la Valery Records, che ha permesso al sestetto di Udine di vivere una sorta di seconda vita artistica. Musicalmente il lavoro non si discosta da quel sound dark/ghotic rock tinto di nu metal assai caratterizzante sin dal loro primo album, senza però mai perdere una certa carica radiofonica dovuta alla bella ed evocativa voce di Laura De Luca, in gran spolvero lungo tutta la durata dell'album. Niente quindi di stilisticamente nuovo, ed in linea di massima lungo tutte le 11 tracce non vi sono mai vette qualitative vertiginose, come allo stesso tempo i brani pochi ispirati son ben pochi. Il singolo portante "Struggling At The Mirror" infatti ha un buon ritornello, ma la strofa è orchestrata con in maniera abbastanza banale; va quindi meglio con "Egonist", dai tratti vagamente darktranquillitiani, oppure la bella e cupa "Mindrama", arrangiata con qualità e davvero potente. Non male nemmeno "The Journey", ballata elettro/acustica ben confezionata e che giunge dopo alcuni episodi decisamente meno accattivanti. Su tutte le canzoni comunque lo spettro dei più famosi e acclamati Lacuna Coil aleggia prepotentemente, lasciando altamente perplessi sotto il punto di vista dell'originalità (anche se oggi è un aspetto che va messo - a modesto parare di chi scrive - in secondo piano). Nel complesso Anima è un disco pienamente sufficiente ma niente più: i Tystnaden hanno confezionato un disco dal grande appeal radiofonico con meno incursioni in territori progressive rispetto al passato è più passaggi metallici che forse ne hanno un pà snaturato il granitico sound originale, ma questo non toglie che nel complesso il tutto risulti accettabile ed in alcuni tratti anche davvero ben fatto. Resta però da capire come un prodotto del genere però, che probabilmente 10 anni fa sarebbe stato un buon successo commerciale, possa collocarsi nel mercato discografico attuale. 60/100
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Artur Sahakjan: Basso Anno: 2012 |