Home Recensioni Album Opeth - Watershed

Opeth
Watershed

E' da poco uscito il nuovo disco degli Opeth, il nono dell'ormai lunga e consolidata carriera del gruppo svedese ma nonostante questo anche Watershed, questo il nome del platter, si presenta portandosi d'appresso la sua ricca dote di attesa e curiosità, dettata forse prevalentemente dal fatto che siamo in presenza della vera e propria prima release con i "nuovi soci" di Mikael Akerfeldt, con una lineup cambiata per 2/5 rispetto al buon ma non ottimo precedente: Ghost Reveries considerando metabolizzata la partenza di Martin Lopez, con il sostituto Martin Axenrot che ha dato buona prova nei live seguiti al precedente lavoro ( anche se, parere personale, il "vecchio" Martin rimane unico ) era in momento di vederlo all'opera in studio e con lui la novità più importante Fredrik Akesson che ha preso il posto di Peter Lindgren alla seconda chitarra, certo sappiamo che la mente degli Opeth è Mikael ma anche Lindgren dava il suo contributo, quanto e come peserà la sua assenza ? Watershed si presenta, dopo svariati ascolti, come un disco dannatamente difficile da valutare, quel che appare, almeno a chi vi scrive, abbastanza chiaro è che questo disco rappresenta la completa e totale maturità artistica degli Opeth e di Mikael Akerfeldt in particolare, un disco che se all'ascolto può perdere, rispetto ai precedenti lavori, specialmente degli Opeth di Morningrise, Still Life e Blackwater Park, in "rabbia" grezza, vera ed immadiata ed in urgenza e robustezza della costruzione armonica, acquista ulteriormente in precisione e nella cura del songwriting, nella ormai elevatissima abilità dell'esecuzione tecnica, ed in un approccio più vicino alla raffinatezza melodica che non alla dirompenza sonora, la presenza sempre più attiva di Per Wiberg è evidente.
Un disco maturo quindi, complesso ed articolato, come solo i dischi degli Opeth sanno essere, in questo gli svedesi si confermano maestri, un disco non facilmente assimilabile al primo ascolto ma anche un platter che pur ricchissimo di svariati elementi prosegue nella linea musicale ormai intrapresa dagli svedesi senza proporre elementi realmente innovativi se non una più valida capacità nell'esplorare atmosfere e territori emozionalmente variegati, come è possibile verificare fin dalla partenza con 2 brani come la soave, incantata ed eterea Coil seguita immediatamente dalla tremenda mazzata inferta all'ascoltatore da Heir Apparent, un uno/due micidiale che dimostra comunque chiaramente la vitalità di una band che è ispirata e forte di una "tranquillità" compositiva che appartiene solo a chi è ormai perfettamente consapevole dei propri mezzi, la dimostrazione, come già detto prima, del raggiungimento dell'apice, della completa maturità, ma senza una reale volontà di esplorare nuovi territori e nuove idee ma facendo tesoro e mettendo a frutto quanto di buono e di ottimo fatto finora, mettendo a parte la parte più Death in favore del lato più Prog con il growl che lentamente ma inesorabilmente tende a diminuire; ed ovviamente questo si manifesta per tutto il prosieguo del lavoro degli Opeth, tutti i brani qui presentati dispiegano un capionario di sonorità ed emozioni, di colori ed atmosfere di acrobazie strumentali, liriche e vocali che è completo, ricco, e che però, paradossalmente, non porta nulla di nuovo, se non la dimostrazione della sempre più marcata differenziazione tra gli Opeth che erano e quelli che verranno.

La difficoltà di valutazione arriva al momento fatidico di pronunciarsi sul "valore" artistico di Watershed, al momento di porlo a paragone con i precedenti lavori, perchè nonostante quanto detto finora il disco e maledettamente bello, difficile, almeno per chi vi scrive, toglierlo dal lettore, un disco che colpisce con passaggi imponenti, costruzioni melodiche mai banali, soluzioni strumentali e vocali sempre azzeccate, forse l'errore sta appunto nel voler necessariamente utilizzare un metro di giudizio che si basi sopra gli altri lavori del combo scandinavo; Watershed è innegabilmente un disco degli Opeth in tutto e per tutto, su questo non ci possono essere dubbi ma è sostanzialmente e musicalmente relativo porlo in "concorrenza" o in "contrapposizione" con altri album, perchè quella degli Opeth è una evoluzione musicale, una crescita, una lenta e costante maturazione che partita da elementi più "giovanili" e quindi più carichi di "rabbia" approda a sonorità più "studiate", misurate e mature, si potrebbe dire che con Watershed siamo in presenza di un percorso che si compie e si completa, perseguendo la sua naturale evoluzione, una crescita ed una trasformazione che non può portare a sonorità uguali a quelle di 10 o 15 anni fa, un percorso che oggettivamente, raggiunge il suo apice, il suo punto più ricco, sicuramente a livello compositivo, non tanto perchè innovativo, non tanto perchè capace di stravolgere un sound ormai nel complesso consolidato ma perchè riesce a coniugare in maniera forse perfetta, sicuramente assennata e consapevole, quanto fatto nei precedenti lavori della band, un punto di svolta o meglio ancora una summa, una messa a fuoco di quello che è stato il percorso degli svedesi da Orchid ad oggi, la fine ed al tempo stesso l'inzio di un viaggio, un nuovo viaggio che non possiamo dire cosa porterà in futuro.

Se siete quindi alla ricerca solo ed esclusivamente degli Opeth più istintivi degli inizi probabilmente questo disco non fa per voi, se cercate solo ed esclusivamente gli Opeth più arrembanti di Deliverance forse neanche ma se cercate gli Opeth, per quello che il loro percorso di maturazione musicale li ha fatti diventare, trovando la giusta mistura di istinto, rabbia, melodia e tecnica allora questo è sicuramente il disco giusto, una band matura, che riesce a riproporre se stessa in maniera sempre diversa, una band che cresce, matura e si evolve quasi fosse un "entità vivente". Un album quindi che è in grado di soddisfare sia chi ama gli Opeth più deathster degli inizi che quelli più Prog di Damnation, gli amanti delle sonorità più "forti" e quelli dei passaggi più atmosferici e oscuramente sognanti, pur se disposti ovviamente ad accettare i "compromessi" posti sul "tavolo" dalla band svedese, su Watershed non c'è posto per l'intransigenza, Watershed è un compromesso, un patto, fatto di saggezza, di atmosfera, di melodia, di tecnica e di rabbia moderata e misurata.

E' inutile parlare della grandiosità di certi riff, del colore di certi passaggi, della sorpresa di certe linee di chitarra, o della suggestione che Watershed sa creare, è ormai scontato, così come ad ogni nuovo lavoro di Mikael Akerfeldt e compagni è spesso facile parlare di ottimo lavoro, talvolta di capolavoro, nella peggiore delle ipotesi di un buon album, ormai hanno abituato troppo bene l'ascoltatore ed è quindi scontato che anche con questa loro ultima fatica non potessero "scappare" dalle buone e sane abitudini. Un album tipicamente degli Opeth, sempre capace di stupire e conivolgere, probabilmente, tornando a dover fare paragoni con il passato, non è il loro miglior lavoro ma è ne più ne meno che l'ennesimo disco dannatamente bello, figlio di una ormai palese maturità e completezza artistica.

85/100


Mikael Akerfeldt: Voce, chitarra
Fredrik Akesson: Chitarra
Martin Mendez: Basso
Martin Axenrot: Batteria
Per Wiberg: Tastiera

Guest:
Nathalie Lorichs: Voce in Coil

Anno: 2008
Label: RoadRunner Records
Genere: Progressive/Death Metal

Tracklist:
01. Coil
02. Heir apparent
03. The lotus eater
04. Burden
05. Porcelain heart
06. Hessian peel
07. Hex omega

Banner

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei “social plugin”. Se vuoi saperne di più sull’utilizzo dei cookie nel sito e leggere come disabilitarne l’uso, leggi la nostra informativa estesa sull’uso dei cookie .

Accetto i cookie da questo sito.