Quando 2 anni fa usci' Only By Night, forse nemmeno i Kings of Leon capirono subito di essere diventate delle rockstar nel senso più trasversale del termine.
Pochi anni prima suonavano in piccoli club di Franklin (loro città di provenienza, nel Tennessee) e di un colpo sono arrivati a fare gli headliner dei principali festival europei. Furono tenuti a battesimo anche da due personaggi che il rock l'hanno preso per i testicoli, strizzandoli: Bono li benedi' portandoseli in tour, Eddie Vedder dei Pearl Jam, ascoltando quel lavoro gli disse che "stavano per cavalcare un'onda molto grossa". Ed aveva ragione, i Kings of Leon versione 2010, sono un gruppo maturo e di grande successo, che non necessita delle classiche pose spocchiose per finire sulle copertina delle riviste e che piacciono veramente a tutti, dai giovani che nel rock cercando sostanza, fino al 50enne che si ricorda di quei bei suoni anni '70 tra southern e soul, che poi sono solo le radici cultural/musicali dei 4. Come Around Sundown, quinto lavoro in studio della Followil family prosegue la scia del suo diretto predecessore, risultando per certi versi ancora più sentito e appassionato, pronto a scaldare i cuori di milioni fans sparsi per il mondo questo inverno. Un lavoro sincero e sempre debitore della vecchia scuola musicale rock, che continua a dare emozioni senza artificialità prediligendo l'impatto e l'immediatezza. Brani come l'opener "The End", il singolo apripista "Radioactive" (accompagnato da uno splendido videoclip) e e "Pyro" sono la linea di continuità col passato, sfociando come nel caso della seconda in un bel finale gospel con tanto di cori infantili a supporto. La produzione del lungimirante di Angelo Petraglia e Jacquire King porta la band a suonare in presa diretta e ad un approccio più rarefatto, con chitarre a volte debitrici della new wave (e forse è qui l'unica novità stilistica del disco) mantenendo però nei ritornelli quella scorza da inni da stadio pronti per essere cantati a squarciagola negli anni a venire. Abbiamo parlato di immediatezza e non vogliamo contraddirci perchè questo traspare da subito ascoltando le 13 canzoni di Come Around Sundown, ma allo stesso tempo a dispetto di Only By Night denotiamo un combo meno propenso al singolo spaccaclassifica e più sensibile ad una forma canzone densa di carica emotiva; non mancano però episodi alt-country come nel caso di "Back Down South" arricchita da un sofferente violino, brano che sta li a dire "ok, non ci siamo dimenticati della nostra terra e ve lo dimostriamo". "Pony Up" si fa larga attraverso un insolito fraseggio funk col basso in evidenza, "Birthday" gode di una frivolezza unica e spumeggiante, tra buoni assoli blues mentre unica nota stonata all'interno della raccolta sono i 4 minuti di "Mi Amigo". Il finale è col botto, un pò come l'ultimo giorno della feste di paese, arrivano i fuochi d'artificio! Parliamo di "Pickup Truck", per chi scrive la vera gemma (in mezzo ad una marea di diamanti) con Anthony Caleb che sforna una prestazione vocale sofferta ma epica, a tratti solare nel suo pattern col resto della band a tessere una splendida melodia distesa e magnificamente evocativa. Come Around Sundown è tutto questo che abbiamo descritto e molto di più, è il lavoro di un gruppo che ha imparato dai maestri suonandoci accanto, assimilandone il meglio ma senza per questo risultare la brutta copia di nessuno. Un disco che a piccoli tratti rasenta una perfezione compositiva che molti potrebbero trovare fastidiosa (e comunque i detrattori sono sempre dietro l'angolo). I nuovi U2? I nuovi Pearl Jam? i nuovi Rolling Stones senza aver bisogno di un cantante che sculetta? Forse niente di questo o forse tutto questo, ma i Kings of Leon sono un trademark ormai riconoscibilissimo che viaggia sulle propria gambe, consapevole di poter essere la più grande rock'n'roll band per i prossimi 20 anni. Ma attenzione, il manierismo che spesso si traduce in tanti milioni di dollari è li pronto come un avvoltoio. 86/100
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Anthony Caleb Followill: Voce e chitarra ritmica Anno: 2010 |