Il Club dei Vedovi Neri si forma nel 2009 grazie all’incontro tra il polistrumentista marchigiano Claudio Brizi e il cantautore milanese Francesco Casarini; poco dopo si aggiungerà anche il bassista Pietro Zanini.
Nel 2010 il gruppo esordisce, dopo l’EP Lieto fine, con un concept album dalle tinte noir che vede la collaborazione di numerosi artisti (Davide Barbatosta alla tromba, Paolo Carloni al piano, Renato Raineri alla batteria e Giulia Matteucci ai cori). Il titolo è significativo: Dodici storie nere. In queste 12 tracce vengono narrate vicende diverse, ma accomunate da sonorità e tematiche tipiche della murder ballad anglosassone, con influenze provenienti dalla grande produzione di De Andre’. Il primo brano e videoclip prende il nome dalla protagonista della prima storia, "Letizia", in cui si parla di un amore non proprio tutto rosa e fiori, con i suoi risvolti negativi e un fine non lieto. Si tratta di una ballata che viene ritmata da riff di chitarra e colorata dal refrain con i suoi cori. “E’ l’ultimo” invece affronta il tema del piacere, delle voglie, sane ma soprattutto insane, che ha l’essere umano e che costituiscono un suo punto debole. Il ritmo è variato in particolare dai motivi suonati dalla tromba. In “Lungo il fiume” si delinea l’immagine beata di un corpo femminile che si rinfresca nelle acque in riva al fiume, da cui però non tornerà più indietro. La donna in questione è peccaminosa ed è ritratta secondo melodie delicate di un’armonica e della chitarra classica. Un’altra canzone pregna di significato è “Meglio di niente”, mentre più lenta è “Il giorno della rosa”, che rievoca un’atmosfera intima. In seguito vi è “Quando canta il gallo”, che racconta una vendetta riportata come atto di giustizia, per chi giustizia non ha mai ricevuto. “Il violinista” si apre invece con tamburi da marcia militare, forse per suggerire un percorso verso il patibolo; protagonista è un bohémien, dedito alla musica,ma anche al piacere che riceve da donne già impegnate. Tutto però si conclude amaramente sotto le note dell’armonica. Quest’ultima è presente anche nell’ottava traccia “Presto o tardi”: un’altra micro-storia che narra la vita di un beccamorto. Il sound si fa più folk, mentre va avanti la riflessione sulla morte e perciò su un destino a cui nessuno può scampare. In “Dicembre” l’atmosfera si dissolve e si sente maggiormente l’influenza di De Andrè. Al centro del racconto vi è un uomo conosciuto da tutti, ma anche lontano da tutti che verrà ricordato solo nel giorno in cui morirà. Le sonorità si fanno più accattivanti in “Non è un sogno” e il penultimo brano “Seconda pelle” riprende il tema del sesso, in cui traspare un sound più pop. Per finire vi è “Tra le sue mani”, che parla delle avventure di una donna che, non essendo amata da suo marito, sfoga i suoi piaceri altrove. Questa canzone riassume un po’ tutti i tratti che contraddistinguono lo stile de Il Club dei Vedovi Neri, i quali hanno saputo accostare l’amore e la morte (Eros e Thanatos), in un compenetrarsi di profondi concetti che fanno di questo album un’opera apprezzabile soprattutto dagli ascoltatori più sensibili. 73/100
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Claudio Brizi: Polistrumentista Anno: 2010 |