Tralasciando considerazioni sul fatto che l'anniversario è stato ampiamente superato (l'opera uscì il 22 Novembre 1974) e liquidando in poche righe la validità dell'opera, oggettivamente riconosciuta quale vero e proprio unicum, nella discografia del gruppo inglese (poco più sotto, ne spieghiamo le motivazioni), è il caso di concentrarsi sui contenuti di questa nuova edizione. Per farlo, tuttavia, è necessario partire da un altro titolo della discografia genesisiana, "Archive 1967-75", cofanetto di 4 CD pubblicato nel 1998, contenente estratti da un concerto tenuto al Rainbow Theatre di Londra il 20 ottobre 1973, un brano eseguito dal vivo alla BBC nel 1971 ("Stagnation"), tre singoli inediti su lp ("Twilight Alehouse", "Happy The Man" e una versione abbreviata di "Watcher of the Skies"), tracce alternative e demo risalenti al periodo Decca e, da ultimo, l'esecuzione live di "The Lamb Lies Down on Broadway" registrata il 24 gennaio 1975 allo Shrine Auditorium di Los Angeles. Nonostante il materiale succulento appena descritto, il cofanetto si sostanziò quale cocente delusione, considerando che: - l'assolo di chitarra presente in "Firth Of Fifth", brano incluso nel set list tenuto al Rainbow, fu massicciamente ritoccato da Hackett; - il brano conclusivo "It", tratto dal concerto di Los Angeles, fu pescato direttamente dall'album, giacché, asseritamente, il nastro multitraccia originale impiegato per registrare il concerto terminò anzitempo, con la conseguente castrazione anche dei brani "Watcher of the Skies" e "The Musical Box", suonati come bis; - tutte le parti vocali della performance medesima furono registrate ex novo da Peter Gabriel, non soddisfatto delle sue interpretazioni dell'epoca. Ne consegue che, pubblicato nei termini appena descritti, quel concerto si evidenziava quale iniziativa filologicamente assai scorretta. Inoltre, e soprattutto, l'esecuzione era inascoltabile, presentando linee vocali totalmente decontestualizzate: assente la tanto cara teatralità espressiva di Gabriel, così come i suoi eccessi vocali enfatici, talvolta intrisi di istrionico isterismo; in luogo di tutto questo, egli offrì, come nei suoi dischi solisti, specie quelli pubblicati da metà anni '80 in poi, un'esecuzione certamente più tecnica, ma fin troppo conciliante e mansueta. Ora, considerando che, nel frattempo, l'esibizione del 1975 è stata largamente bootlegata in forma completa, quindi anche recuperando i tre brani all'epoca omessi (tra i tanti titoli, noi abbiamo analizzato il box set "The Broadcast Collection 1975/1981", ove quel concerto è incluso), ci si sarebbe aspettato che, per questa super deluxe edition, label e band avessero rispolverato il concerto nella sua più accattivante versione intonsa. No, invece! Manifestando un'ostinazione dal malcelato sapore perverso, atteggiamento che si traduce in una grandissima mancanza di rispetto nei confronti degli appassionati più sanguigni, il box set contiene pari pari la spuria versione inserita in quel cofanetto, un ibrido inascoltabile, peraltro venduto ad un prezzo del tutto ingiustificato (nel momento in cui si scrive, 230,90 € su Amazon la versione in vinile, poco meno della metà quella in cd). Al riguardo, del bis, effettivamente recuperato interamente (unica cosa positiva di questa iniziativa), costituisce una ben magra consolazione. Tirando le somme, valgano qui le considerazioni già spese recensendo "BBC Broadcast", qui da intendersi integralmente riprese: dai Genesis, ormai, bisogna aspettarsi il minimo sindacale, se non ancora meno. Siamo certi che quei fans accaniti e sanguigni ai quali si è appena accennato ignoreranno caldamente l'uscita discografica in esame, indirizzandosi spontaneamente verso il mercato pirata, irregolare ma certamente più genuino (i titoli sono molti: i doppi cd "The Lamb Rock Opera", "Lamb Master In Los Angeles" e "Live In Los Angeles 1975 - King Biscuit Flower Hour", tutti pubblicati in Giappone; il cofanetto europeo "The Lamb Master Collection", spalmato su 5 cd contenenti anche altre date; i vinili "Live At The Shrine Auditorium January 1975" e "The Shrine Auditorium - Los Angeles 1975"). Criticabile, inoltre (quantomeno per chi scrive, poco avvezzo all'uso della musica liquida), la scelta di affidare una manciata di brani in versione demo ad una download card in luogo dell'amato supporto vinilico. Quanto alla versione in studio rimasterizzata, l'opera appare effettivamente ben fatta, riammodernata da un punto di vista sonoro in termini assai rispettosi e credibili. Tuttavia, la rinnovata qualità audio del materiale in studio non giustifica il prezzo esoso dell'opera de qua, talché si ritiene di rinnovare il consiglio di non mettere mano al portafogli, volgendo l'attenzione altrove. Infine, non entriamo nel merito di questioni afferenti al suono analogico del vinile e quello digitale di cd e bluray, he lasciamo volentieri agli audiofili. Quanto fin qui espresso non deve minimamente scalfire la validità dell'album in termini di valore assoluto: oltre che essere l'ultima fatica dei Genesis con Peter Gabriel nei ranghi, "The Lamb Lies Down On Boradway" si qualifica quale capolavoro assoluto, pur aprendo uno squarcio sonoro del tutto trasversale, parlando di uanto profuso nel tempo dal quintetto: diverso da qualsiasi altra cosa fino a quel momento pubblicata, è vero che il doppio album separa con l'accetta due album sostanzialmente accomunati da medesima espressività sonora ("Selling England By The Pound" e "A Trick Of The Tail", pur considerando l'assenza di Gabriel nel secondo), ma lo fa con altissima capacità di rinnovamento e di rigenerazione, manifestando peraltro l'idoneità a porre le basi prodromiche per la nascita di movimenti successivi quasi in antitesi con il prog, quali la wave o addirittura il punk; tutto ciò, senza tradire in alcun modo il substrato espressivo del gruppo. Con testi surreali (che narrano di un viaggio in bilico tra realtà ed immaginario, verso un'apparente redenzione interiore dai toni deliranti), il disco è privo dei barocchismi vittoriani di "Nursery Cryme", castrato delle incursioni romantiche di "Trespass" e delle stratificazioni classicheggianti di "Foxtrot", lontanissimo dall'eleganza stilistica di "Selling England By The Pound"; qualificandosi quale incursione in un contesto dai tratti oscuri ("In the Cage") ove il rock assume toni più secchi, più diretti, pur mai semplici e prevedibili ("Fly on a Windshield", "Broadway Melody of 1974"), l'opera vede l'incursione affascinante di sperimentazioni dissonanti ("The Waiting Room"), sprazzi ambient ("Silent Sorrow in Empty Boats" e "Ravine", anche grazie ai contributi di Brian Eno), frammenti psichedelici ("The Chamber of 32 Doors"); e se c'è ancora spazio per il romanticismo, pur dai toni pesantemente malinconici ("Hairless Heart", "Anyway"), quando non struggenti ("The Lamia"), così come per il pop e la ballata di qualità ("Counting Out Time" e "Carpet Crawlers"), il grottesco caricaturale viene raggiunto con "Here Comes the Supernatural Anaesthetist" e "Riding the Scree" (il secondo brano è forse quello che, più di ogni altro, pare interpetrare perfettamente la figura del cappellaio spalmata sulla label dell'etichetta Charisma), mentre la summa della teatralità è prerogativa di "The Colony of Slippermen", con Gabriel chiamato a dare voce a personaggi improbabili o folli. Insomma, "The Lamb" è un caleidoscopio sonoro che ha anche il pregio, come pochi altri dischi, di marcare il confine tra le stratificazioni progressive del primo lustro dei seventies e il rock diretto ed immediato del secondo. Infine, può anche essere indicato quale viatico della musica verso la quale lo stesso Gabriel sarà portato ad indirizzarsi, pur protesa alla definitiva demolizione dell'archetipo prog, vagamente accennato nel solo brano "Moribund The Burgermeister" che, paradossalmente, apre il suo primo album solista, in una sorta di ponte tra l'ultimo album dei Genesis con lui alla voce, da cui il pezzo sembra effettivamente estrapolato, e il successivo percorso artistico. |
Peter Gabriel – voce, flauto Anno: 2025 |