Per gli Orb l’idea di inserire a grandi caratteri uno special guest del calibro di David Gilmour è sicuramente una mossa vincente e per Gilmour, che non deve dimostrare più niente a nessuno, è stata forse voglia di provare un qualcosa di diverso.
Gli Orb sono uno dei gruppi di punta della nuova musica elettronica, anche se è da molti anni che sono in giro, circa un ventennio, “nuovi” anche perché considero vera e pura musica elettronica solo quella dei Tangerine Dream e dei Kraftwerk. Ho sempre considerato gli Orb una band troppo fredda e tecnologica, furba nel saper riciclare quel sound che negli anni settanta era veramente all’avanguardia, ma poco abile a ricrearne quel tocco di genialità che avevano le due bands tedesche sopra citate. Il nome David Gilmour, mi ha attirato per poter cercare di smentire questi miei pensieri, ma non è bastato affatto e continuo ad avere il medesimo parere per questa band. Lo stesso Gilmour non è che abbia dato quel tocco magico utile per portare gli Orb verso nuovo orizzonti, anzi sembra che il chitarrista sia stato l’ombra di se stesso. Due soli brani, con altrettanti sottotitoli, ma della durata di quasi 29 minuti il primo e 20 il secondo, lunghe suite che però al sottoscritto sono riuscite ad annoiare e nemmeno la maestria di un chitarrista del calibro di Gilmour ha dato quell’input per risollevare le sorti del cd. Elettronica scontata ed un David Gilmour inconcludente, i Tangerine Dream ed i Kraftwerk sono molto lontani, così come lo sono ancor di più i Pink Floyd, questo è per il mio modesto parere, il risultato di Metallic Spheres. 50/100
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Alex Paterson: Tastiere, programming Anno: 2010 |