Dopo il superbo "Risen", ecco un altro discone in casa Angel.
La band di Washington non dice nulla di nuovo rispetto al passato, ma lo dice benissimo e questo è quello che conta. A noi non interessano nuovi percorsi sonori, generalmente a vocazione spiazzante, a noi preme che venga onorato il blasone, il lascito storico, il retaggio sonoro dei seventies, e ciò vale anche in caso di pubblicazione di nuovi brani tipizzati dall'antico imprinting. In tal caso, noi fan ci sentiamo pienamente rispettati. Ebbene, gli odierni Angel ci hanno rispettati! Con un organico invariato rispetto al precedente album - che vede la presenza dei due membri storici Frank DiMino e Punky Meadows, coadiuvati da quattro nuovi fedeli aiutanti - e un look ancora caparbiamente ancorato ai soavi e celestiali stilemi di un tempo, costoro confezionano un altro ottimo album che non fa che alimentare senza sosta l'eredità storica, procurando immancabile gioia in ogni nostalgico che ami definirsi tale. L'opener "The Torch", uno dei rari pezzi che alterna con intatta efficacia la magniloquenza pomp con la delicatezza della ballata sentimentale, mette subito le cose in chiaro e la successiva "Black Moon Rising" preclude all'ascoltatore la possibilità di riprender fiato. E tutta l'opera viaggia prevalentemente su queste coordinate: "It's Alright" e "Psyclone" suonano come se ai Kiss dei primi settanta si fosse unito un lucente tastierista animato dal sano desiderio di ben figurare, mentre "Rock Star" - pur con un riff inziale pericolosamente vicino a "Layla" dei Derek and The Dominos con Duane Allman - è una eccellente prova rock che si pregia di possedere un motivo centrale che ronza nella testa per giorni. E che dire degli oltraggiosi gemiti sul tappeto incessante e inflessibile di "Once Upon A Time An Angel And A Devil Fell In Love (And It Did Not End Well)" e dei piacevoli ammiccamenti retrò presenti in "Liar Liar"? Non tutto è perfetto, ovviamente (si allude alla prevedibilità beatlesiana di "Let it rain" e ai cori piuttosto leziosi di "Blood Of My Blood, Bone Of My Bone") ma ciò che è veramente importante, di questa nuova fatica discografica, è lo spirito che anima l'organico, assolutamente intatto, rispetto alla direzione settantiana, qui anzi sublimata con commovente rispetto. Ma quanto sarebbe bello se i Kiss chiamassero questi vecchi compagni della scuderia Casablanca come opening act nel loro ultimo (asserito) tour? In chiusura, il vero neo dell'opera tutta: la versione in vinile, rispetto a quella in cd, risulta inspiegabilmente castrata di ben tre tracce, due delle quali piuttosto valide: "Daddy's Girl" è una brano in bilico tra pop e AOR, mentre "C'mon" è una ulteriore prova in cui sono ben contemperate vocazione radiofonica e attitudine da rockers innati (tralasciamo ogni commento su "Let The Kid Out", impietosamente rovinata da imbarazzanti cori adolescenziali). |
Frank DiMino - lead vocals Anno: 2023 |