A due anni dalla loro formazione e con già un ep alle loro spalle, i Dagon ci deliziano con un’uscita sulla lunga distanza.
Un album di ben undici canzoni, la cui durata minima per ognuna è di circa quattro minuti. Devo ammettere che questo è uno dei pochi “nei” che guastano, se così si può dire, l’ottimo lavoro dei quattro ragazzi americani. E’ ammirevole ed allo stesso tempo ai limiti dello stupore, come in due soli anni si possa tirare su una band e proporre un lavoro così ben fatto. Prima di passare agli aspetti positivi, metto subito alla mercè di tutti il secondo, e ultimo, aspetto che frena a livello di giudizio il cd: il batterista non si spreca in quanto a fantasia nei ritmi e nell’intricare. Diciamo più che altro che si limita a fare il suo compito, senza sfigurare ma senza eccedere. Proseguendo nell’analisi mi trovo molto in difficoltà a dover descrivere quello che propongono, nel descrivere insomma il loro stile. Mescolano un po’ di tutto, o meglio a volte troviamo un riff thrash e il cantato death, a volte la chitarra è tipicamente death mentre la batteria è quella tipica del trash. Il tutto è reso ancora più fumoso dall’alternanza di due voci: una pittosto stridula (ma non fastidiosa) oscillante tra il grind e il black e il tipico growl death metal. Annoverati nelle file del metalcore, a mio parere di questo ne rimangono solo alcune sonorità e ad essere più specifici, questo è dovuto alla scelta dei suoni durante la registrazione i quali sono quelli di tutte quelle migliaia di gruppi metal/brutal/core che stanno nascendo come funghi in questo ultimo periodo. Se proprio dovessi citare dei gruppi è come se mettessimo nel frullatore In Flames, Dismember, Slayer e The Black Dahlia Murder. Ovviamente e per fortuna, è la matrice death che la fa da padrona in questo cd. L’album si presenta però molto coeso e organico dal punto di vista strutturale. Le canzoni scorrono una dopo l’altra, sono tra loro si diverse, ma si sente che qualcosa le lega. Questo qualcosa è il concept che sta dietro il loro lavoro, parlano di mostri, di crature marine. Già il loro nome dirà qualcosa a molta gente: Dagon è un racconto, nonché un personaggio di H. P. Lovecraft. Affascinati dal mondo del sommerso inventato dallo scrittore loro compatriota, non si sono solo inspirati, ma hanno ripreso i suoi racconti. Di facile ascolto, è un disco che si presenta interessante su più fronti, e che potrebbe piacere a molti metalheads. 70/100
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Briant Daniel: Chitarra Anno: 2007 Sul web: |