Home Recensioni Masterpiece The Cure - Wish

The Cure
Wish



Wish” è considerato da molti uno spartiacque nella discografia dei Cure.
Il motivo è intuibile già ad un primo, semplice ascolto: messi via i toni cupi, le atmosfere gotiche e decadenti, il nichilismo che impregnava testi e musica dei precedenti lavori (in particolare riscontrabili nel più recente “Disintegration”), il gruppo sembra volersi aprire ad una nuova maturità artistica e probabilmente personale
.

Il brano di apertura “Open” conferma in parte questa intenzione, non tanto nel testo quanto nella musica: ritmi più distesi e morbidi accompagnano la voce dolente di Robert Smith.
I brani che seguono si alternano ancora in bilico, tra quelli che rappresentano la nuova consapevolezza del gruppo e quelli che ancora restano legati in qualche modo ad uno stile più malinconico e desolato.
Su questa nuova linea ideale e musicale, oltre a “Open”, troviamo “Wendy time” ,“Doing the unstuck” e ovviamente “Friday I’m in love”, quasi un inno alla leggerezza e alla spensieratezza, che piazzato lì, a metà disco, vuole definitivamente convincerci delle nuove intenzioni della band, ulteriormente confermate dalla nona traccia “A letter to Elise”, delicata, estremamente poetica, malinconica, forse struggente ma mai cupa.
Nel 1992, anno di uscita di “Wish”, restai perplessa nell’ascoltarlo: per me i Cure erano quelli di “Boys don’t cry” o “Lullaby” e via dicendo; per cui, questo cambio di rotta mi sembrò quasi un tradimento, ma c’è da dire che, ahimè, all’epoca avevo 20 anni e, ancora affascinata da una certa estetica dark e un mondo basato su assunti che dovevano essere incrollabili, non colsi a pieno la necessità del cambiamento sentita dagli autori, né il senso dell’opera in sé. 
Oggi, a più di trenta anni di distanza e dopo successivi ascolti nel tempo, il mio giudizio è inevitabilmente diverso. L’ascolto più attento e maturo coglie particolari e significati restati a lungo in ombra. Quello che si percepisce è, sì un cambiamento, ma non radicale né repentino. Come in tutti i percorsi di crescita, il disco fluttua spesso tra l’affermazione del nuovo e la ricerca di certezze attraverso brani che, a prima vista, maggiormente si avvicinano alla “tradizionale” cifra stilistica del gruppo.
In apparente antitesi quindi ai sopracitati brani, colpisce ad esempio l’ottava traccia “Trust”, in cui la rabbia e il disagio espressi nei lavori giovanili cedono il passo ad una serena accettazione. Tale sentimento ritroviamo anche in “To wish impossible things”, riflessione più intima e pacata sulla disillusione e i sogni infranti. Nell’ottica di questo avvicendamento, la terza traccia “Apart” sembra contrapporsi alla già citata “A letter to Elise”, facendole da specchio nell’andare a raccontare l’incomunicabilità e la rassegnazione dietro la fine di un rapporto.
Attraverso questo percorso di alternanze e contrapposizioni, Robert Smith e compagni ci consegnano un’opera di fatto coerente dove ogni singolo brano concorre a creare un equilibrio perfetto.
Wish” è l’ultimo lavoro che vede il gruppo unito in questa formazione: col tempo i membri si allontaneranno progressivamente; Robert Smith continuerà caparbiamente a tener vivi i Cure attraverso altri progetti discografici negli anni a seguire, ma è probabilmente con ”Wish” che si conclude la parte più importante del loro percorso musicale, donandoci un album che resterà tra i più amati dal pubblico.




Robert Smith: voce, chitarra, basso a sei corde, tastiere
Simon Gallup: basso
Porl Thompson: chitarra, tastiere
Boris Williams: batteria, percussioni
Perry Bamonte: chitarra, basso a sei corde, tastiere

Anno: 1992
Label: Fiction Records
Genere: alternative rock, gothic rock, jangle pop

Tracklist:
Open – 6:51
High – 3:37
Apart – 6:38
From the Edge of the Deep Green Sea – 7:45
Wendy Time – 5:13
Doing the Unstuck – 4:25
Friday I'm in Love – 3:38
Trust – 5:33
A Letter to Elise – 5:14
Cut – 5:56
To Wish Impossible Things – 4:44
End – 6:47

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