Da Dublino arrivano sulla scena rock europea i Von Shakes che, sperimentando nuove sonorità, oltrepassando così quelle che sono le barriere musicali, debuttano con il loro primo album ...the routine.
Nel momento in cui si viene a sapere che questo è stato frutto anche del sapiente lavoro del famoso produttore Conor Brady (The Badges, The Revenants) e del mix engineer Phil Hayes, si può già carpire lo spessore di tale opera. Il titolo ...the routine presenta in sé quelli che sono i temi affrontati dai giovani Von Shakes, molto legati a ciò che li circonda loro ogni giorno, alle piccole cose quotidiane, che sono pur sempre rilevanti. La tracklist si apre con il ritmo spensierato di “Deaf Emotion”, che fa un po’ da curriculum alla band per via dei Leitmotive in essa contenuti, come il ritornello caratterizzato dai cori e l’ottimo song writing. Si passa poi per “Beat Up Beat Down”, con riff di chitarra azzeccati e un refrain sempre allegro e molto orecchiabile, tanto da fissarsi facilmente nella testa dell’ascoltatore. “Template”, invece, è una song che lascia particolarmente spazio alla riflessione. Cambiano la melodia, che si fa più dolce, e i toni, nella prima parte meno rockeggianti, ma non per questo di poco effetto. Con “Jackit” si ha nuovamente un brano carico di energia ritmica e sonora, data anche dal gioco di parole tra Jackit , Jacket e Jack. A metà della tracklist vi è “The Routine”, canzone che dà il nome all’intero album, dove si può ascoltare un bell’assolo di chitarra, che riflette in qualche modo i pensieri, enuciati nel testo, di un uomo nei confronti di una ragazza. Quest’ultima è una figura presente anche in “If You Go”, tanto che la canzone sembra essere un sequel della storia di questo rapporto difficile tra uomo e donna. Il settimo brano si intitola “Obsession”: l’impianto sonoro non cambia molto, tuttavia ogni volta il refrain dà quel qualcosa in più, grazie ai cori e, indubbiamente, al bel timbro del cantante. In seguito si può ascoltare “The Happy Song”; questo titolo può essere considerato ironico per una canzone che inizia dicendo I miei amici sono tutti morti [...]. Le emozioni si mescolano tra loro (tristezza, nostalgia, disagio, serenità..) e il tutto è scandito all’interno da una sezione ritmica abbastanza varia. L’atmosfera si fa finalmente più allegra con “Shake”, caratterizzata da un discreto working guitar e quindi dal ritorno del sound rockeggiante. La penultima canzone, “Mind Your Head”, vede i Von Shakes ripercorrere il tempo dell’adolescenza, lasciando spazio ad energici riffs e a una grande musicalità. Siamo in dirittura d’arrivo con il brano “Other Side Of The Bridge”, che ricorda una ballata rock, composta da strofe lente e ritmate, permeata da un’atmosfera malinconica. 70/100
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Paddy Brazel: Voce e chitarra Anno: 2010 Sul web: |