Cominciano ad essere prolifici, i norvegesi Jordsjø, giunti ormai al quarto lavoro discografico, rilasciato ancora dalla Karisma Records.
Dopo "Nattfiolen", con cui il duo affermava una precisa identità musicale non mancando anche di accostare con credibilità i delicati echi della vena canterburyana ad un background sonoro che omaggiava con sapienza gli Änglagård degli esordi, oggi è la volta di "Pastoralia", album che continua a testimoniare la capacità di questa formazione di dire qualcosa di nuovo e di saperlo fare molto bene. La nuova direzione sonora - comune a tutti i brani di lunga durata - offre all'ascoltatore una differente visione del progressive scandinavo, pur mantenendone inalterate le connotazioni di base, proponendo suggestioni in bilico tra ambientazioni drammatiche ed introspezioni riflessive. L'impressione che se ne trae è quella di un approccio compositivo che esprime in maniera esemplare una chiave meditativa a vocazione intimistica. Una esecuzione puntuale e misurata, mai eccessiva o ridondante, magnifica questa nuova attitudine espressiva. Fanno eccezione la iniziale "Prolog", che palesa la dualità accattivante della citata scena di Canterbury unita alle profusioni surreali del jazz più rarefatto, e i due intermezzi "Fuglehviskeren" e "Vettedans", brevi episodi in cui il gruppo - come già fatto nello scorso album in "Septemberbål" - si profonde in escursioni acustiche che subiscono le ascendenze delle delicate ballate medievali. Il risultato complessivo è, ancora una volta, estremamente convincente: il decadente romanticismo concretizzato da questo ormai consolidato organico è ammaliante, magnetico, finanche ipnotico. L'opera, peraltro, è sublimata dalla durata classica del formato 33 giri, poco più di 43 minuti, che consentono all'ascoltatore un'assimilazione graduale e progressiva lontanissima dalla stordenti ed estenuanti lunghe maratone che caratterizzano non poche prove discografiche progressive dell'era post-vinilica. |
Håkon Oftung: vocals, guitars, flute, keyboards tracklist |