Rimane intatta la proposta musicale dei Pholas Dactylus nonostante i 46 anni passati dal loro esordio discografico, quel "Concerto delle menti" che, pubblicato nella forma di concept album, presentava una struttura del tutto innovativa per l'epoca: in bilico tra progressive e sperimentazione, si sviluppava in un unico brano di 53 minuti impreziosito da innesti vocali non cantati ma recitati.
Questo nuovo capitolo è altrettanto ottimo. La prima traccia, che dona il titolo al disco e che occupa l'intera facciata, presenta connotazioni di stampo squisitamente progressivo. Si tratta di una pregevolissima composizione ricca di cambi di tempo e sonorità tipiche del più classico stile settantiano, pur connotata da espressioni meno cupe del titolo del 1973, più marcatamente solari. Di stampo intimistico sono invece gli episodi della seconda facciata: si naviga in acque riflessive, con musiche affidate al solo piano, capace di creare brevi intermezzi sonori necessari a pitturare di note parti recitate da voci maschile e femminile. Fa eccezione "A personal gift", pregevolissimo episodio di chitarra acustica, concettualmente vicino a quanto fatto dalla PFM in "Peninsula". Il gruppo - composto oggi da tre membri originali e altrettanti nuovi innesti - dimostra coraggio e rinnovata competenza "a rientrare nell'ellisse terrestre" senza modificare di una virgola le coordinate sonore che avevano caratterizzato la loro inusuale opera prima. |
Paolo Carelli: voce Anno: 2019 |