Una bella copertina ed uno splendido booklet sono il biglietto da visita del progetto di Martin Springett chiamato ‘The gardening club’.
L’album uscì nel 1983 in un momento piuttosto difficile per la musica prog e passò, quasi naturalmente, inosservato. Nel 2017 l’album è rieditato in cd con in aggiunta alcune bonus tracks ed anche in versione deluxe comprendente l’LP originale, un EP dal titolo Greenhouse ed altri gadget. I diciassette brani presenti (solo sedici indicati nelle note di copertina) hanno tutti un gradevole formato canzone e non disdegnano incursioni nel pop e richiamano, a tratti, le soft song color pastello dei Caravan (e la voce dello stesso Springett non è poi così distante da quella, magnifica, di Richard Sinclair) senza ovviamente raggiungerne l’altissima qualità. Qualche brano, in un percorso piuttosto omogeneo e di discreto valore, si staglia sugli altri. È il caso di “Mole hole blue” a mezza via tra la Barclay James Harvest (meno sinfonica) ed il Canterbury più scanzonato; dello strumentale “The traveller” che strizza l’occhio al jazz-rock; della “cameliana” (con Sinclair) ”Rebirth” impreziosita dagli ottimi interventi del sax che ben si innesta nelle delicate trame create dalle tastiere. Deliziosa anche la “gemella” “The stone that speaks”, appena più rock della precedente, ma sempre di chiara ispirazione “canterburiana”. Meno ispirate e con un rock un poco annacquato le tracce bonus, poste in coda alla raccolta. Certamente l’anno di pubblicazione non ha “aiutato” la popolarità dell’album, ma è anche vero ricordare che in quegli anni venivano gettati i semi di una certa rinascita (il cosiddetto new prog) per merito di band come Marillion, 12th Night, Pendragon… che mostravano e mostrarono, anche in seguito, un’ispirazione ben maggiore dei The gardening club. Vedremo se il pubblico di oggi saprà apprezzare maggiormente questo vecchio/nuovo album.
|
Martin Springett: Twelve string guitar, vocals, art & design
Bonus Tracks
|