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Metallica
Hardwired ... to Self-Destruct

Dal decimo album in studio dei Metallica, in uscita il prossimo 18 novembre del 2016, ci aspettavamo molto poco, capaci - come soltanto loro sanno fare - di deludere progressivamente un pubblico di fedelissimi al punto di renderli certi della loro immancabile prevedibilità, oppure imprevedibilità, ma in negativo.
La manciata degli album pessimi che hanno caratterizzato il range temporale 1996-2011 ("Load", "Re-Load", "St. Anger", "Lulu"), non ha completamente pregiudicato le risorse compositive della band americana, dimostrando che, tutto sommato, non tutto è irrimediabilmente perduto: "Death Magnetic" (qui la nostra recensione) rappresentava un piacevole ritorno al passato, seppur contenuto e senza guizzi di miracolosa novità, mentre "S&M" testimoniava la capacità di sapersi rinnovare percorrendo altre strade, senza necessariamente stravolgere il proprio background metal.
La pubblicazione di "Hardwired ... to Self-Destruct" tramite una label indipendente fa capire quale sia il trend attuale del mercato discografico, anche per i colossi dell'industria di settore: i soldi, ormai, si fanno con i tour, non con i dischi. Ed infatti, una volta i tour servivano a promuovere il disco, oggi il disco viene realizzato esclusivamente come pretesto per effettuare un tour (e a volte, non ne è neanche condicio sine qua non).
Ad ogni modo, di questo album si è parlato fin dall'uscita di "Lulu". Già nell'ottobre del 2011, infatti, Robert Trujillo ebbe a dichiarare al magazine on-line "Music Ology" che la band era tornata in studio per iniziare a scrivere nuovo materiale.
Dopo due anni, Lars Ulrich riferiì a "Classic Rock": "Quello che stiamo facendo ora suona certamente come una continuazione di "Death Magnetic". Tutti noi amiamo Rick. Vedremo. Mi meraviglierei se il disco uscisse nel 2013".
Lo stesso anno, stavolta ad "Ultimate Guitar", sempre Ulrich asseriva: "il 2014 sarà tutto dedicato al nuovo album dei Metallica, che probabilmente uscirà nel 2015".
Nel mese di marzo 2014, il gruppo partiva in un tour chiamato "Metallica By Request", ove la tracklist veniva suggerita dai fans. In quel contesto, i quattro proponevano un nuovo brano, "Lords of summer", che pareva più vicino al materiale di "Load" e "Re-Load" piuttosto che alla rinnovata compagine tratteggiata dal citato "Death Magnetic".
Ad aprile 2016, nel corso della settimana del "Record Store Day", e di cui la band era ambasciatrice, rivolgendosi a "Billboard" riferiva che: "Il modo in cui facciamo le cose ora è molto diverso rispetto al modo in cui abbiamo fatto le cose nei giorni di "Kill 'Em All" e "Ride the Lightning". Al giorno d'oggi ci piace fare tante cose diverse." Ulrich è stato anche ottimista sul fatto che la produzione dell'album aveva quasi raggiunto il suo completamento.
A rileggerla oggi, l'asserzione suona pericolosamente vicina ad una dichiarazione di resa, piuttosto che di rinnovamento.
Ed infatti, le premesse si vedono fin dal mattino. La copertina, tanto per cominciare, non promette nulla di buono: l'improbabile collage cattura espressioni deviate o devianti dei quattro che sembrano perseguire lo scopo di concentrare l'attenzione di bambocci alle prime armi, piuttosto che trentenni, quarantenni o cinquantenni della vecchia guardia.
Il logo, poi, si concretizza quale peggiore rivisitazione in assoluto di quello storico: incerto, non definito, frammentato.
Non è finita: non compare neanche un capello lungo, che suona un po' come una bestemmia per il gruppo metal più famoso del mondo. Si tratta solo di forma e non di sostanza, vero, come è vero che questo assunto vale soltanto quando la sostanza c'è e qui non c'è. 
Pubblicato il 18 agosto 2016, il primo singolo della band, "Hardwired", suona molto aggressivo, come un tempo, ma è tremendamente prevedibile.
A fine settembre, il secondo brano, "Moth into Flame", si comporta analogamente, smuovendo (un po') gli animi, ma senza scuotere eccessivamente, seguito a ruota da "Atlas Rise!", forse la migliore anteprima delle tre proposte, sebbene fortemente evocativa delle sonorità profuse nel "Black Album", cosa che, immancabilmente, deluderà molti.

La versione definitiva dell'album contiene due dischi con sei tracce ciascuno per un totale di oltre 80 minuti di nuova musica.
Per prima cosa,
"Lords of summer" non è inclusa nella tracklist, e questa è una gran notizia.
Inoltre, e soprattutto, l'album, è la naturale prosecuzione di "Death Magnetic", il ché suona bene e male allo stesso tempo.
Bene perchè quell'album era la cosa più sensata fatta dal 1996 in poi, sia a livello esecutivo, sia compositivo, e senza quelle stranezze assurde determinate tanto da sonorità commerciali o melodie vocali più vicine al pop che al metal (anni '90), quanto dall'assenza di rullante, rullate e assoli di chitarra (anni 2000).
Male perchè il gruppo non si evolve. Anzi, a dirla tutta, regredisce un tantino rispetto all'album di otto anni fa, visto che le soluzioni sono sempre le stesse, talvolta infarcite di un pizzico di fastidiosissima ruffianeria (come nel citato pezzo "Moth into Flame", che presenta un riff iniziale assai imbarazzante, retaggio della virata indegna compiuta con "Load" e "Re-Load", fortunatamente vanificato, detto riff, dal resto del brano, che torna su livelli discreti, seppur non ottimi).
Insomma, sono assai distanti la progressione artistica, l'escursione qualitativa, l'evoluzione sonora e compositiva che avevano caratterizzato il mitico trittico iniziale composto da "Kill 'em all", "Ride the lightning", "Master of puppets": qui, oggi, lontani dalla crescita, si permane sui livelli già conseguiti, ma solo quando sono rassicuranti, quando tranquillizano la maggior parte dei fans, quando sembrano non tradire le origini (ne consegue che, quando non lo sono, come in "Load", "Re-Load", "St. Anger" e "Lulu", vengono rapidamente abbandonati, colpevoli di mettere a rischio la popolarità della band e il loro portafogli).
E questo fa oggi "Hardwired ... to Self-Destruct": pur non esaltando, rassicura senza tradire le aspettative di chi si è ostinato, per lungo tempo, a non abbandonare il gruppo, in virtù di quello che lo stesso ha rappresentato in passato per il metal internazionale.
Quindi, concludendo, il disco merita attenzione, ma siete avvertiti: non griderete al miracolo, non lo getterete nel cesso. L'album galleggerà per un po' nel vostro immaginario personale, in maniera ondivaga e sibillina, lascinadovi parzialmente soddisfatti, parzialmente delusi, fino a quando lo riporrete nello scaffale e, fra sei mesi, realizzerete che non lo avrete più ascoltato, anche soltanto una sola volta, mentre avrete certamente ascoltato almeno una volta il trittico di cui sopra (e, forse, anche i successivi "...And justice for all" e "Metallica").




James Hetfield: Chitarra e voce
Kirk Hammett: Chitarra
Robert Trujillo: Basso
Lars Ulrich: Batteria

Anno: 2016
Label: Blackened Recordings
Genere: Thrash Metal

Tracklist:
Disc One

01. Hardwired
02. Atlas, Rise!        
03. Now That We're Dead        
04. Moth into Flame  
05. Am I Savage?      
06. Halo on Fire       
Disc Two
01. Confusion       
02. Dream No More       
03. ManUNkind       
04. Here Comes Revenge        
05. Murder One
06. Spit Out the Bone


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