Terzo album per “Il segno del comando” dal titolo “Il volto verde” (2013) ad undici anni di distanza dal precedente “Der golem” e a quest’ultimo accomunato dal fatto di essere un concept che si rifà all’opera dello scrittore/esoterista Gustav Meyrink.
Alla guida del gruppo sempre Diego Banchero (basso-tastiere) che per la nuova release è tra l’altro attorniato da bei nomi del prog contemporaneo e non (Sophya Baccini, Claudio Simonetti, Gianni Leone, Martin Grace tra gli altri) che, mettendo a disposizione la loro arte, contribuiscono non poco a valorizzare “Il volto verde” e ad incuriosire chi della band non aveva mai sentito parlare. Un album che va apprezzato nella sua coralità piuttosto che nei vari singoli episodi difficilmente “comprensibili” se avulsi dal contesto delle tematiche narrate. Su tutti un’atmosfera tetra ed inquietante che sovente pervade i pezzi grazie ad un uso spesso ossessivo delle tastiere, alle opprimenti ritmiche, al cantato non di rado enfatico di Maethelyah ( ma anche della stessa Baccini). Lo strumentale “Echi dell’ignoto” ha i nitidi sentori dell’ horror, con le tastiere a dominare la scena. L’arpeggio di chitarra, le tenebrose keyboards, i cori ancestrali, l’inquietante ritmica ci trasportano in mondi “malati” e gotici in uno dei brani più riusciti: “Chidher il Verde”. Splendida l’interpretazione di Sophya Baccini in “Trenodia delle dolci parole” per un brano più tranquillo ed introspettivo, ma sempre piuttosto oscuro. Il breve strumentale “Il rituale” sfiora il “rumoristico” con effetti particolari delle percussioni, del basso ,delle tastiere. “La congrega dello Zee Dyk” è una “nenia” dark da ascoltare in compagnia e all’aperto se si è facilmente impressionabili... Molto teatrale anche “Il manoscritto” con la voce di Maethelyah davvero perfetta per un brano decisamente coinvolgente e dalle tinte spiccatamente heavy rock. Enfasi ed enfatico sono forse i termini che più aiutano a comprendere la proposta de Il segno del comando : enfasi per l’intensità espressiva che spesso accompagna le liriche di Banchero; enfatico il suono, spesso solenne e maestoso, gotico e pervaso di mistero come in uno dei “must” dell’album, “L’evocazione di Eva”. Pezzo strumentale che vede Claudio Simonetti (Goblin) nelle vesti di assoluto protagonista con le sue tastiere ben assecondato dal sax di Martin Grice. E’ anche probabilmente il brano più “tipicamente” prog dell’album ed il più accessibile. Perché l’album, l’avrete capito, non è di facile assimilazione e necessita di numerosi ascolti anche per chi è aduso a certe sonorità. Noi non lo siamo, ma l’album ci è piaciuto e lo consigliamo per ampliare ancora un poco gli orizzonti musicali, mai vasti a sufficienza, per i più curiosi. 70/100
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Diego Banchero: basso, elettrico, fretless bass, tastiere, theremin Con Anno: 2013 |