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Ultimamente sono solito consegnare le recensioni molto in ritardo, e questo perché, non lo nego, mi perdo in altre faccende più o meno degne di nota, oppure accendo il computer per iniziare a scrivere e mi ritrovo un quarto d’ora dopo che sto guardando i trailer dei film su Youtube.
Anche questa recensione arriverà in ritardo, o perlomeno in extremis. La differenza è che questa volta non è successo niente di quanto descritto prima. Più semplicemente ho sudato 7 camicie per metabolizzare un disco come il nuovo dei
Methadrone. Ora, mi chiedo come mai mi scelga da sempre dischi di questo tipo, su cui è difficile spendere parole o che poco si prestano a comparazioni varie. Misteri della critica musicale. Sta di fatto che un disco intitolato
Sterility ti acchiappa non poco; al tempo stesso un gruppo che fonde nel nome le parole “metadone” (potente oppiaceo sintetico usato nelle terapie di disintossicazione dalla eroina) e “drone” è stimolante nel peggiore dei modi. Lo so, l’abbinamento tra musica e sostanze stupefacenti ormai è fin troppo abusato e, nella sua ripetizione, comporta una perdita di credibilità non indifferente per coloro che hanno la stupidità di sfruttarlo. Ma dal momento che siamo persone serie e sappiamo che l’abito non fa il monaco e ci interessa solo la musica, allora è bene cominciare con il dire quanto questo disco mi abbia fatto sentire oppresso.
Prendete le mie parole con le pinze: niente di paragonabile ad un
Niandra LaDes o un
The Wall o un
Closer (e potrei andare avanti molto) ma è capitato sul mio stereo dopo una raccolta dei
Beatles e non c’è bisogno che vi racconti la drasticità della variatio.
Al che mi sono poi ripreso subito. Certo, il primo pezzo, che poi è anche la title-track, è qualcosa di assolutamente ipnotico e quasi vergognosamente totalizzante. E ancora di più lo è la traccia conclusiva, "
Final Transmission", che, per quanto banale nel titolo, riassume tre decenni di “musica inquietante”, ripartendo da quel torrido
Metal Music Machine di
Lou Reed e accumulando nel corso dei suoi 17 minuti circa echi di
Badalamenti (forse in misura minore rispetto al resto del disco), degli ultimi
Ulver e dei
Suicide.
Ecco, forse i
Suicide sono il gruppo a cui più si accostano, non tanto come suoni quanto per risultato (i
Suicide provenivano dal punk, cantavano come un
Robert Plant che non si vuol far sentire dalla mamma mentre si esercita e di certo non si mettevano a strimpellare chitarre acustiche nel bel mezzo di divagazioni ambient).
Un’estetica spiccia associa spontaneamente la claustrofobia derivata dall’ascolto dei due differenti gruppi, ma il nostro intelletto distingue subito la dimensione onirica di questi
Methadrone dai disturbi rumoristici della band newyorkese.
Ebbene, a chi legge consiglio di prestare almeno un orecchio a questo
Sterility, perché non sarà la cosa più originale del mondo ma vi farà sentire un po’ più storditi e persi di quanto non lo siate già, motivo per cui tenete sempre un disco dei
Beatles a portata di mano, che non si sa mai.
70/100
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Craig Pillard: Tutti gli strumenti
Guests: David Galas: Voce (on "Sterility") Randi Stokes: Basso (for live performances)
Anno: 2008 Label: Foreshadow Productions Genere: Ambient/Atmospheric Sludge
Tracklist: 01. Sterility 02. Self Relinquishment 03. Servitude 04. Continuum Of Decline 05. Bury Me Standing 06. Horizone 07. Lassitude 08. Final Transmission
   

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