Scritto da HektoplasmaToxin Martedì 27 Ottobre 2009 19:13 Letto : 2569 volte
Le voci di Alberto sono quel non so ché di caratterizzante del disco (un connubio di screams, growls sempre raschiati, vocals pulite ed evocative quasi dark gotiche seppure aiutato da varie featurings), con in più i retro suoni sintetici e campionati che danno una sensazione di cupo scenario moderno apocalittico; ben amalgamate sono le soluzioni chitarristiche con un basso molto in risalto e le chitarre con 2 o 3 compressioni/distorsioni differenti, questa é la ricetta del lavoro Devihate, uscito già da un anno e distribuito in tutto il mondo sin qui. Ma ciò che più determina la particolarità di questo Devihate è senza dubbio la conclamata coesistenza di metal old style e post heavy death core, con una complessa ma direi azzardata direzione moderna che alla fin fine di moderno non é cha abbia tanto se non la riscoperta del death-core che di moderno ha solo il nome e che stanca e snerva il fanbase di mezzo mondo ormai, con in più le influenze 'progressive' che é appunto un'altra eredità di ben 10 anni e più. Quindi se parliamo del valore assoluto della band non possiamo che inchinarci, aiutati anche dal tocco sintetico e da una ottima registrazione non potevano che avere un ottimo risultato, quello che lascia interdetti é il pensiero di quale fine e quali limiti possa oltrepassare questo genere ed oserei dire 'subgenere imposto alle masse' che non ha ancora trovato dei progetti che mettano sul piatto più originalità e coraggio a proporre nuove soluzioni e non la solita minestra riscaldata confondendo spesso l'originalità con il crossover... Detta questa il disco é meglio quando suona aggressivo e duro, pezzi come "Silent Minds" alla lunga stancano nei momenti elettro riflessivi e nelle divagazioni sperimentali, suonano meglio le chitarre che tuttavia non riescono a migliorare le sorti del brano che pecca di spontaneità. Questo lavoro viaggia su due coordinate, da una parte le atmosfere e dall'altra le trame estreme, bene, per me vincono le trame estreme seppure incanalate su certi standard, e "None" perde spessore proprio durante i loro sgonfiamenti atmosferico-melodici e rinasce con le accelerazioni. Il Melodic Death moderno o no che si voglia determinare da parte dei Lifend si poggia su solide basi svedesi e old-school così come il death core di oggi e quindi per me il limite tra nuovo e vecchio deve essere ancora segnato, di certo il gruppo promette bene, ci sono delle piccole perle come "Fail Better (Die!)" che non possono passare inosservate ma le sperimentazioni per me sono altre e devono ancora venire da parte loro. Una band che può fare di più e che sa giocare tanto con la melodia, quanto con la violenza calibrata, ci si lascia con l'ultimo brano "Prometheus Purpureal" che bene spiega ciò che vorrei dire, il sound c'è ma é meglio quando i Lifend tirano e trovano un 'contrappunto' epico ed esaltante piuttosto che quando pianificano troppo rendendo i loro brani troppo cervellotici e mai spontanei. Un 10 più agli arrangiamenti ma per favore in futuro capite cosa volete fare e scegliete una strada che vi personalizzi maggiormente anche a discapito del mercato. Per me comunque le lunge suites swedish death, brutal death, black metal, doom and gothic nella loro sommatoria non sono uguali a post-death. 65/100
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Alberto: Voce, chitarre Anno: 2008 |