La prima grande difficoltà nella quale può incombere il recensore di turno oppure il semplice ascoltatore dinnanzi a un prodotto del genere è la catalogazione del tutto.
Questo Mapmaker, terzo disco in meno di 3 anni da parte dei Parts & Labor, è infatti un micidiale frullatore di suoni, dal punk più anarchico a tinte noise al math rock di chiara estrazione scandinava, con un ritmica che fa a fette i suoni ed una sequela di ritornelli tra l´antemico ed il catchy, rendendo i 12 pezzi di questo disco una serie di possibili hit single con pochi precedenti nel 2007. E qui la difficoltà la "superiamo" (almeno noi) attingendo al loro myspace. Secondo ostacolo: provare indifferenza per tutta la durata del disco. Impossibile, perché questo è un piccolo miracolo musicale, dove grande tecnica strumentale e passione si fondono ed emergono all´interlocutore come un calderone di emozioni continue, una scarica di adrenalina perpetua e martellante piena di citazioni (gli ultimi Clash in "Camera Shy") passando per gli Husker Du che incontrano i R.E.M del periodo indie nella strepitosa "Brigther Days". Le linee vocali di Dan Friel spesso vanno in collisione con la prima ondata new wave, anche se come accostamento moderno potremmo concludere che il nostro nella timbrica spesso rimanda a Paul Banks degli Interpol, però in una chiave anfetaminica e meno teatrale. Altro punto di forza di questo terzetto di Brooklyn è come preannunciato la ritmica: il basso di BJ Warshaw è un continuo pulsare incensante e vorticoso; Joe Wong invece, nonostante lo sguardo da intellettuale e degli occhiali impossibili, dietro le pelli si trasforma diventando uno schizzato e micidiale batterista che gioca con i tempi dispari senza battere ciglio. Come se una mandria di bisonti vi passasse accanto mentre dormite. In questa raccolta risiedono però, ancora prima che nella splendida coesione dei musicisti, la qualità media dei pezzi, davvero di spessore altissimo. Difficile scartare un brano a favore di un altro, impossibile ricercare un passaggio che appesantisce la composizione oppure un ritornello scontato, questi Parts & Labor hanno davvero azzeccato tutto in questo album, avvicinandosi in più episodi alla perfezione. Il sintetizzatore, strumento abusato nei solchi di ogni singolo pezzo, fa una parte da assoluto protagonista nella vertiginosa "Vision Of Repair", sostenuta da un chorus epidermico ed irresistibile, mentre "New Crimes" si materializza in un blues moderno veloce, pieno di scariche elettriche dove l´ascoltatore viene messo a dura prova. Superato questo pezzo, potrete continuare a deliziare le vostre orecchie anche con il resto senza problemi. In un momento dove la critica politico\sociale sembra essere l´argomento preferito di molte band newyorkesi e non, mentre in tanti si stanno scapocciando su come distribuire la propria musica per sentirsi davvero libero dalla macchina del music business, Friel e co. rilasciano un album all´apparenza senza pretese di sorta, ma che in realtà richiede una particolare attenzione da parte di chi vuole immergersi in questo pazzoide e assurdo viaggio musicale. Se avessero il The davanti al nome forse MTV si sarebbe già accorto di loro, ma forse ad essere onesti è meglio così; per adesso pubblicano dischi per un´etichetta indie e si preoccupano solo di coinvolgere il fan, al resto ci penseranno in futuro. Quando la follia si fa sublime, il risultato è uno dei migliori dischi dell´anno. 85/100
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Dan Friel: Voce, tastiere e chitarre Anno: 2007 |