Nell'immaginario collettivo, Fireball, da sempre è considerato nella discografia del profondo porpora come un full lenght di transizione, interlocutorio.
Ma perchè? L'album, registrato a Welcombe Manor in Devonshire nel settembre del 1970 e pubblicato sei mesi dopo, arriva a poca distanza dal monumentale In Rock e col senno di poi uno prima di Machine Head, lavoro che consacrerà la band di Ritchie Blackmore nell'olimpo dell'hard rock mondiale. In mezzo a questi due masterpiece per molti recitò una parte secondaria. Facendo una riflessione più articolata invece, potremmo definire questo disco come il secondo di un trittico incandescente, fatto di splendidi riff di chitarra e melodie immortali, cosi come probabilmente la "palla di fuoco" sparata dai Deep Purple nel 1971 ci consegna una delle sezioni ritmiche più dinamiche e bollenti del genere. L'album si apre con la title track, che sin dal titolo risulta essere una dichiarazione di intenti e probabilmente anche il brano più in linea con lo stile intrapreso 12 mesi prima, dove vince la doppia cassa di Ian Paice ed il basso distorto di Roger Glover, mentre è più bluesy oriented "No No No". "Demon's Eye" è l'altro grande classico che la combriccola riusci' ad estrarre dalla raccolta, e continua quel processo più rilassato e melodico iniziato dalla traccia precedente, fino ad arrivare al country di "Anyone's Daughter", fortemente voluta dal singer Ian Gillian ed autentico diversivo nel repertorio della band. Fortemente voluta a detta di molti, che andò addirittura a scalzare nella tracklist definitiva dell'epoca la strepitosa "Strange Kind Of Woman", smash hits che fù pubblicata come singolo proprio mentre i nostri incidevano questo album. Fortemente psichedelica è invece "The Mule", dove finalmente le tastiere di Jon Lord hanno un ruolo di assoluto protagonista ed insieme alla chitarra di Blackmore tessono un'armonia orientaleggiante; questo pezzo troverà poi la sua definitiva dimensione in Made In Japan, arricchita da uno splendido assolo batteristico. In dirittura d'arrivo si presentano cosi "Fools", spoglia sino all'osso nell'arrangiamento che affascina ancora dopo quasi 40 anni per la sua alternanza di momenti più pacati ad altri prettamente hard rock, nonostante gli 8 minuti abbondanti e "No One Came", probabilmente una delle interpretazioni migliori di Ian Gillian ed ancora una linea di basso davvero epidemica, nonostante possa essere considerato il momento "più basso" della raccolta. Se già tutto questo ben di Dio non bastasse, nel 1996 in occasione del 25° anniversario di Fireball la EMI ne fece uscire una lussuosa e ricchissima ristampa che oltre ad un ampio book presentava molte bonus track. In primis c'è una versione radio edit della già citata "Strange Kind Of Woman", poi la splendida e beat "I'm Alone" (rilasciata nel 1971 come b-side del singolo di "Demon's Eye"), il trascinante rock'n'roll di "Freedom", la più rocciosa e veloce (nonostante il titolo) "Slow Train", un remix di "Demon's Eye" del 1996 a cura di Roger Glover (che ha scritto anche le ampie note all'interno del booklet ed ha personalmente curato la ristampa). La vera perla è però la lunga jam "The Noise Abatement Society Tapes" che include al suo interno diversi temi riletti in chiave classica (ai fan dei Rainbow la cosa non risulterà poi cosa cosi nuova) ed in conclusione una versione strumentale di "Fireball", una breve improvvisazione di pianoforte di Jon Lord e "No On Came" ancora una volta con un remix curato da Glover. La domanda è, ma questo Fireball va definitivamente bocciato o decisamente rivalutato? A parlare in realtà ci sono questi momenti di intensa passione e dedizione musicale che il tempo non ha sbiadito e ci conferma 38 anni dopo l'immenso stato di grazia nella quale erano avvolti i Deep Purple nella loro formazione classica. Giù il cappello. 83/100
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Ian Gillan: Voce Anno: 1996 Sul web: |