Home Recensioni Live Whitesnake + The Dead Daisies - Milano, 29 Novembre 2015

Whitesnake + The Dead Daisies
Milano, 29 Novembre 2015

Milano, 29 Novembre 2015 - Alcatraz

Lo si capiva fin dai primi comunicati di Live Nation che l'unica data italiana dei Whitesnake avrebbe fatto parlare a lungo della band.
Il veloce e neanche troppo inaspettato sold out è stato l'immediato segnale di questo tam tam mediatico, ancorché circoscritto alla compagine hard & heavy.
Prima di parlare della serata, sono doverose due veloci premesse: che senso avrebbe, oggi, sentire dai Deep Purple brani della Mark III e IV? Beh, con rispetto parlando, se volesse esternarsi con quel repertorio, l'attuale incarnazione, che di quelle formazioni vede presente soltanto Ian Paice, non sarebbe per niente attendibile.

Ci sono soltanto tre persone che potrebbero fare una cosa del genere e oggi sono tutte fuori dalla band: Ritchie Blackmore, Glenn Hughes e, ovviamente, David Coverdale.

E' con questa premessa logica che coloro che scrivono questa recensione si sono recati a vedere i Whitesnake dal vivo. Se il lettore dissentisse da quanto appena letto, che cambi pagina, per cortesia: questa recensione proprio non fa per lui.
E infatti, la seconda premessa è anche meglio della prima: zittiamo i sapientoni che asseriscono che i Whitesnake attuali non sono più quelli degli anni '80: Whitesnake vuol dire David Coverdale, così come Rainbow è sinonimo di Ritchie Blackmore e Megadeth di Dave Mustaine. Forse qualcuno si lamenta dei continui cambi di line up che le backing band di Ozzy Osbourne o Alice Cooper subiscono in occasione di ogni uscita discografica?



Detto questo, passiamo alla serata in senso stretto: le coordinate entro cui si muove la presente recensione partono dall’Alcatraz di Milano, locale di punta del rock dal vivo che, peraltro, la sera precedente ha portato in scena gli svedesi (e redivivi) Europe.

Ad aprire la serata ci sono i Dead Daisies, ottimo super-gruppo che annovera tra le sue fila membri di diverse incarnazioni dei Guns’n’Roses (Richard Fortus e Dizzy Reed), il carismatico singer John Corabi (lo ricordiamo nei Motley Crue, nel loro album migliore, l'omonimo del 1994) e, ironia della sorte, proprio alcuni ex membri dei Whitesnake (Marco Mendoza e Brian Tichy, rispettivamente bassista dal 1997 al 2004 e batterista dal 2010 al 2013).

Il sound proposto è un hard rock estremamente energico, complice anche una sezione ritmica assai dinamica e la voce roca e graffiante di un Corabi in gran forma, sebbene irriconoscibile fisicamente. Brani originali vengono frapposti a cover di pregio quali “Hush”, “Evil Is Going On” (rivisitazione hard rock di un blues di Willie Dixon portato al successo da Howlin’ Wolf) e “Helter Skelter” dei Beatles, tenuta in serbo per un finale esplosivo.

La prova ha convinto e bisogna dare merito a Mr. Coverdale di aver scelto una band che altri gruppi famosi farebbero fatica ad avere come spalla, per l'ormai noto timore vissuto storicamente da qualsiasi headliner di vedersi impietosamente strappata la scena.



Il cambio palco è ben gestito: in un tempo molto ragionevole viene issato il logo dei Whitesnake, seguito dalla consueta ovazione di un pubblico che vede hard rockers della prima ora accanto a ragazzi (e ragazze) giovanissimi.

Scontata ma gradita, l’apertura del concerto è affidata a “Burn”.
Rispetto alla versione originale, le cose appaiono un tantino rivisitate: nell'ultimo album (qui la nostra recensione), ogni brano del repertorio Deep Purple riproposto da Coverdale ha subito una buona dose di restyling che però non ha modificato la sostanza. Il suono è indurito e non può essere altrimenti: pur avendo fatto la storia dell’hard and heavy anni '80, il Serpente Bianco possiede un innegabile substrato che riporta al decennio precedente. Questo, perlomeno, fino a "1987": da quell'album in poi le cose sono musicalmente cambiate ma il valore della band è rimasto immutato.

Tornando a "Burn", Reb Beach regala al pubblico un assolo virtuoso ma dai modi comunque misurati mentre il nuovo entrato Joel Hoekstra si lancia in un tapping certamente inadeguato e, a parere di chi scrive, fortemente irrispettoso di chi lo compose all'epoca.

Si tratta dell'unico passo falso dell'intera serata.“Bad Boys” (un altro dei brani che spesso funge da opener) è qui proposto come seconda canzone: il ritornello irresistibilmente orecchiabile, su un substrato pesantemente hard, fa decollare definitivamente il concerto. Brani tipici del repertorio live dei Whitesnake, come “Love Ain’t No Stranger” e "Give me All Your Love Tonight” si alternano a perle estratte dai quei tre album dei Purple con la doppia voce: “You Keep On Moving” (dedicata agli scomparsi Tommy Bolin e John Lord), “The Gypsy”, “You Fool No One” e la sempre accattivante “Mistreated”. Per quanto il modo di cantare sia cambiato nel corso degli anni, non necessariamente in pejus, in quest'ultimo brano Coverdale dimostra di avere ancora molte frecce nel suo arco, giocando di maestria, interpretazione e pathos.
Soldier of Fortune” sancisce un momento davvero suggestivo: mentre Hoekstra incanta il pubblico con la sua chitarra acustica, supportato dalle tastiere di Michele Luppi, un David Coverdale ispiratissimo si profonde nell'esecuzione di quello che (per lo meno a livello di testo) è il primo vero manifesto dell’estetica del ragazzaccio romantico così tanto amato dal pubblico.

Ai Whitesnake non resta che sparare tutte le cartucce rimaste nel caricatore: in sequenza vengono eseguite “Is This Love”, “Fool For Your Loving” e “Here I Go  Again” (come di consueto, ispirata alla versione più recente, piuttosto che a quella contenuta in “Saints and Sinners”).

Un unico encore, “Still Of The Night”, è il degno finale di un concerto ad alto livello che ha certamente soddisfatto anche i più scettici: a coloro che hanno criticato la scelta del cantante di essere supportato da ben quattro coristi (tutti tranne il batterista) rispondiamo che quando non rimanevano senza protagonista, i loro microfoni si limitavano spesso ospitate di fondo, lontane dalla cristallina ugola di Hughes. Il singer ha così lanciato un messaggio: "Me ne fotto di quello che pensate: rivisito quei brani con nuovi arrangiamenti, senza la necessità di un supporto vocale quale Glenn Hughes".
Coverdale è anche un ottimo intrattenitore, dimostrando, come sempre, di sapere giocare con il pubblico: sgrana gli occhi, sorride compiaciuto, allunga il ritornello di "Bad Boys" aggiungedovi l'incipit "...and also bad Girls...", distribuendo occhiolini e smorfie sexy alle numerose ragazze e simulando pose da macho che lo vedono ancora esercitare ascendente, facilitato da una forma fisica inviadiabile, una capigliatura ancora non parruccata (sebbene cotonata) e basette lunghe fin sotto al mento.

E' anche un tipo che sa cavarsela dagli impicci con eleganza e ironia: quando la folla tributa Michele Luppi, pronunciando a gran voce il suo nome, Coverdale sgrana gli occhi simulando incredulità per poi asserire sornione: "Oh Yes, we have a fuckin' italian in the band" strappando appassionati e ripetuti consensi.
Grande personaggio, senza ombra di dubbio.
Un'unica pecca: “Stormbringer” è stata inspiegabilmente tagliata fuori dalla scaletta.
Poco male: questa assenza sarà la scusante per andare a risentire i Whitesnake nell'immediato futuro, con immutato rispetto e rinnovata convinzione.

 


Whitesnake:
David Coverdale: voce
Joel Hoekstra: chitarra e voce
Reb Beach: chitarra e voce
Michael Devin: basso e voce
Michele Luppi: tastiere e voce
Tommy Aldridge: batteria

The Dead Daisies
John Corabi: voce
David Lowy: chitarra ritmica
Richard Fortus: chitarra solista
Dizzy Reed: tastiere
Marco Mendoza: basso
Brian Tichy: batteria

Data: 29/11/2015
Luogo: Milano - Alcatraz
Genere: Hard & Heavy

Setlist Whitesnake:
01. Burn
02. Bad boys
03. Love is no strangers
04. The Gypsy
05. Give me all your love tonight
06. Keep on movin
07. Ain't love in the hear of the city
08. Mistreated
09. You fool non one
10. Soldier of fortune
11. Is this love
12. Fool for your lovin
13. Here I go again
Encore:
14. Still of the night

Setlist The Dead Daisies:
01. Midnight Moses
02. Evil Is Going On
03. Mexico
04. Hush
05. Lock 'n' Load
06. With You and I
07. Angel in Your Eyes
08. Devil Out of Time
09. Helter Skelter

 

 

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