Fin dal primo tour solista datato 1978, Steve Hackett ha sempre inserito nella sua scaletta alcuni brani siglati con gli ex compagni di viaggio, i Genesis. Dapprima, timidamente, si trattava di “Horizons” (intro acustica della suite “Supper’s Ready”, ispirata fra l’altro al Preludio dalla Suite No. 1 in Sol Maggiore per violoncello di J.S.Bach) e dell’arcinota “I Know What I Like”. Poi, a partire dall’intro di “Blood On The Rooftops” fino ad approdare al primo esperimento di reinterpretazione “Genesis Revisited”, registrato nel 1996, il chitarrista ha iniziato a riproporre in chiave totalmente innovativa alcuni brani anche inediti, come “Deja vu”, un inedito del 1973 firmato con Peter Gabriel e rimasto incompleto all’epoca per poi essere finito per questo album.
Le voci nei brani erano per lo più per opera dello stesso Hackett tranne alcuni episodi in cui le parti vocali furono affidate a Paul Carrack (già con i Mike+The Mechanics) e a John Wetton. Con quest’ultimo e con altri amici, tra cui l’ex King Crimson Ian McDonald e Chester Thompson alla batteria, Hackett partì per una tournée - scaturita poi nel doppio album “The Tokio Tapes” del 1998 - in cui riproponeva alla sua maniera suoi brani originali alternati ad altri dei Genesis, dei King Crimson, degli Asia e dello stesso Wetton. L’episodio sembrava fosse destinato a rimanere unico, sennonché alcuni anni dopo, a seguito dell’uscita dell’album “Genesis Revisited II” nel 2012, di fatto il seguito di quello uscito 16 anni prima, Steve Hackett inizia a proporre dal vivo scalette piuttosto corpose basate all’incirca per il 50 % sui suoi brani e per il restante 50% sulla riproposizione oseremmo dire “fedele” (tranne che per alcuni episodi) di brani prelevati dalla produzione pre 1977 dei Genesis, ma arrivando anche a coprire con questi ultimi l’intero concerto come ad esempio nel tour del 2013. Che il chitarrista, ancor prima della definitiva calata del sipario sul nome Genesis avvenuto il 26 marzo scorso, fosse l’unico superstite che in qualche modo avesse continuato a proporre brani dimenticati da tempo dal gruppo originale e ad animare ancora gli animi dei vecchi nostalgici, è noto già da tempo: con una band iper collaudata e super valida formata da Roger King (tastiere), Rob Townsend (fiati), Jonas Reingold (basso), Nad Sylvan (voce) e Craig Blundell (batteria), il chitarrista può permettersi di proporsi come vera alternativa al gruppo originale, surclassando ampiamente la maggior parte delle cover band esistenti che cercano a loro modo di emulare i loro beniamini. Negli anni passati Hackett ha ricordato sì i suoi primi album solisti, riproponendo nella celebrazione dei 40 anni di attività i vari “Voyage Of The Acolyte” (2015/2016), “Please Don’t Touch” (2018) e “Spectral Mornings” (2019), ma già nel tour 2018/2019 ha riproposto integralmente “Selling England By The Pound” approfittando della ricorrenza per il 35esimo dell’album. Dopo il blocco dei concerti durato per quasi tutto il 2020, nel settembre 2021 e fino alla scorsa estate si è presentato al pubblico per celebrare i 45 anni del live “Seconds Out”, con la scaletta dell’album riproposta in maniera pedissequa. La nostra penisola – particolarmente cara al nostro chitarrista – era già stata solcata dal precedente tour estivo e questa volta, per festeggiare i 50 anni di “Foxtrot”, Hackett torna in Italia per altre 6 date: Roma, Bologna, Torno, Milano, Padova e, “stranamente”, Legnano. Nonostante il tutto esaurito registrato solo tre giorni prima a Milano e i pochi km di distanza dal capoluogo, anche il teatro Galleria di Legnano è risultato gremito, soprattutto da inossidabili nostalgici che, seppur non disdegnando la prima parte del concerto dedicata ai brani originali del chitarrista, hanno dimostrato di apprezzare maggiormente la parte dedicata alla riproposizione integrale di “Foxtrot”. A nostro parere più che un “Genesis Revisited”, si è trattato in realtà di un “Genesis Replayed” poiché, a parte alcune divagazioni melodiche da parte di Steve e la sua chitarra sempre in bella evidenza - un pelo di volume sopra tutto il resto - e la non sempre giustificata presenza del sax di Rob Townsend, quella ascoltata a Legnano è stata una riproposizione assai fedele del disco che è filata via liscia (compreso l’episodio di “Firth Of Fifth”, eseguito come primo bis) senza intoppi ma neppure sorprese: una comfort zone per la maggior parte degli spettatori che erano lì proprio per risentire dal vivo la loro musica di un tempo ma che in parte è potuta risultata soporifera a chi si aspettava una musica “additiva” (come si direbbe oggi), cioè appunto “revisited”. E non certo per colpa del più volte ingiustamente vituperato cantante Nad Sylvan; a tal proposito riteniamo doverosa una breve parentesi sulla sua performance. In qualsiasi contesto rock/pop, quando un musicista, sia esso un batterista, un tastierista, un chitarrista, un bassista, ecc., prende il posto di un “has been”, il pubblico tenderà sempre a raffrontare le capacità del sopravvenuto rispetto a colui che è stato sostituito. Questo accade anche per i cantanti in cui difficilmente la timbrica vocale potrà mai riflettere completamente quella dell’originale. Quindi, voler paragonare la voce di Nad Sylvan a quella di Peter Gabriel (in questo caso) lo riteniamo alquanto fuori luogo, non solo per la differenza di timbrica, ma soprattutto per quanto riguarda l’estensione vocale. Cerchiamo di chiarirci meglio: i brani di “Foxtrot” sono stati eseguiti nel periodo in cui Gabriel era poco più che ventenne e, se anche consideriamo l’episodio di Milton Keynes e le esperienze di esecuzione dal vivo dei brani da parte Phil Collins, anche in quel caso l’età degli interpreti non superavano i 32 anni. Inoltre, va ricordato che a partire dal 2007, data della prima reunion dei Genesis con Collins cinquantasettenne, e fino al recente tour, i Genesis hanno dovuto abbassare di 1 tono alcuni brani (“Afterglow” e “Carpet Crawlers” ad esempio) per dare la possibilità al cantante di potersi destreggiare ancora con il vecchio repertorio usando una ottava più bassa. Chiedere a Sylvan (come di fatto accade) di vocalizzare a 63 anni sulla stessa tonalità di Gabriel quando ne aveva 22-24, risulta quindi alquanto problematico ed inaccettabile, tanto che “ovviamente” alcune note risultavano calanti, in falsetto o appena accennate; insomma, non un bel risultato. E d’altro canto, non si poteva chiedere di più a Nad. Poca originalità quindi, se non durante il bis finale in cui è stato messo in evidenza il drumming di Craig Blundell (più volte espresso, questo sì, in controtempi – voluti? – durante lo show) e dedicato alla finale “Los Endos”, in cui Steve ha inserito anche un intermezzo riuscito di “Slogans”, tratto dal suo quarto album solista “Defector”. In sintesi, la prima parte dello show, pur breve, è risultata sorprendentemente la più interessante, proponendo tre brani strumentali tratti dall’etereo e meraviglioso primo album “Voyage Of The Acolyte”, due dall’emozionante “Spectral Mornings” (la title track ed “Every Day”), uno solo dall’ultimo “Surrender of Silence” (l’elaborato e convincente “The Devil's Cathedral”) ed un altro dal lontano – oramai sono 40 anni - “Highly Strung (“Camino Royale” - che siano risultati alquanto fuori luogo gli innesti di sax lo avevamo già detto?). Tuttavia, non è possible sorvolare completamente da una analisi della seconda parte del concerto, anche se di sola riproposizione dei brani di “Foxtrot”. Anzi, forse proprio per questo e per la delicatezza di Hackett che ha voluto fare un omaggio all’opera dei Genesis, più che fare un’operazione di chirurgia plastica, vale la pena parlare di una sessione che ha dato l’occasione ai tanti spettatori - che erano lì per l’occasione - di sentire live brani ascoltati prima d’ora magari solo su LP o CD. Tra questi va ricordato che “Time Table” non era mai stato proposto in concerto neppure dai Genesis e che altre perle come “Horizons” sono state proposte raramente se non dallo stesso Hackett durante i suoi concerti come solista. Va detto a onor del vero che tutti i brani sono stati suonati in modo ineccepibile e altrettanto graditi dal pubblico. D’altronde, c’è un legame più o meno nascosto tra l’Italia e “Foxtrot”, perché parte dei brani che lo compongono sono stati concepiti proprio nel nostro paese durante il tour di “Nursery Cryme” nel ‘72. Come ad esempio la bellissima “Watcher of the Skies” con il suo mondo solo e abbandonato riscoperto da una razza aliena e che è stato per anni il pezzo di apertura dei concerti dei Genesis: anche a Legnano l’intro di Mellotron è stato riproposto filologicamente con lo storico “mood” di rock-sinfonico dell’originale. L’espediente è quindi ampiamente collaudato: con la scelta di continuare a riproporre brani dei suoi vecchi compagni d’avventura, Hackett ottiene anche lo scopo di ritrovarsi con la platea affollata da un pubblico che è poco propenso ad aprire gli orizzonti verso nuovi lidi musicali, preferendo piuttosto coccolarsi confortevolmente con la solita ricetta sonora. Contenti loro, contento lui che può contare su un successo e un incasso assicurato. Dalla sua parte, indiscutibilmente, sulla soglia dei 73 anni, rimane una tecnica emozionante che al solito unisce un indiscutibile gusto guidato dall’esperienza; i suoi assoli sembrano – e come non potrebbero – gli stessi del passato, ma le nuove tecnologie permettono di apprezzare al meglio le mille sfumature fatte di riverberi, eco e suoni. Lunga vita a Steve Hackett!
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Steve Hackett: chitarra, voce Roger King: tastiere Craig Blundell: batteria, percussioni, voce Rob Townsend: sax, flauto, percussioni Jonas Reingold: basso, chitarra Nad Sylvan: voce
Teatro Galleria, Legnano
SETLIST:
Hackett Highlights
1. Ace of Wands 2. The Devil's Cathedral 3. Spectral Mornings 4. Every Day 5. A Tower Struck Down (seguito dal solo Jonas Reingold) 6. Camino Royale (con Steve Hackett alla voce) 7. Shadow of the Hierophant
Foxtrot
8. Watcher of the Skies 9. Time Table 10. Get 'em Out by Friday 11. Can-Utility and the Coastliners 12. Horizons 13. Supper's Ready
Encore
14. Firth of Fifth 15. Drum Solo 16. Los Endos / Slogans / Los Endos
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