Interessante esordio, targato 2014, di questo four-piece svedese, aggregatosi a Malmo dalle ceneri dei talentuosi Kama Loka, dalle cui fila provengono l’axeman Mikael Odesjo ed il bassista Tobias Petterson.
Già rodati a dovere da numerose esibizioni live (lo slot più pregnante va identificato in una prestigiosa apparizione al Copenhagen Psych Fest), gli svedesi sciorinano un’interessante mistura di rock progressivo, folk elettroacustico e psycadelia tout-court, cementando un ibrido sonoro affascinante, seppur non compiutamente originale. I paragoni, che non devono essere intesi come stucchevole tentativo di farli considerare migliori o peggiori di qualcun altro arrivato al proscenio prima di loro, ma come semplice tentativo di definirne il suono a chi non avesse mai avuto la ventura di imbattersi nelle loro creazioni, mi spingono dopo un paio di ascolti verso entità di prestigio quali gli Amon Duul II, soprattutto quelli più sperimentali e meno adagiati sugli allori di 'Phallus Dei’ e ‘Yeti’, nonché, non già meramente sulla base di connotazioni geografiche, i mai abbastanza rimpianti Kebnekaise. Rock colto insomma, ma sempre vibrante e del quale, immerso in poltrona a sorseggiare un cognac d’annata durante l’ascolto, non scorgo mai anticipatamente le soluzioni che Agusa adotterà nel passaggio sonoro immediatamente successivo: uno stacco di flauto quando ipotizzeresti catartico l’approdo ad un solo di chitarra; oppure un segmento di eterea tastiera supportata però da una sezione ritmica imprevedibilmente carica di groove. L’album, arricchito nella stampa successiva di una bonus track dalla sempre attenta Transubtans, è completamente strumentale, e la durata decisamente lunga dei quattro brani, dagli otto minuti ai 14 di ‘Ostan Om Sol, Vastan Om Mane’, rende a tratti impegnativo l’ascolto: s’innesca una sorta di sfida con il fruitore, che vede comunque vincitori entrambi… la band talentuosa e l’ascoltatore soddisfatto. |
Mikael Ödesjö : Guitar Anno: 2014 |