The Satanist può risultare un titolo scontato, conoscendo la band, ma in realtà è qualcosa di profondo ed interiore.
Gli interrogativi che aleggiano nel decimo capitolo della band sono: “chi siamo?” e “qual è il nostro scopo?”. I Behemoth non forniscono alcuna risposta se non quella di valorizzare l’individuo reso schiavo dalla religione.
Nergal, voce e frontman del gruppo, ritorna a calcare la scena musicale dopo aver sconfitto la leucemia, diagnosticatagli nel 2010, grazie ad un trapianto di midollo. Un’esperienza che ha rinforzato la sua anima, una battaglia che ha stimolato la sua mente, una lotta faticosa da cui ne è uscito vivo, portando con sé un bagaglio prezioso: l’essenza di questo nuovo lavoro. Rispetto al passato l’album è meno complesso nella struttura dei pezzi, c’è un ritorno al black metal alternato a fasi più potenti, una specie di equilibrio occulto. La produzione, targata Nuclear Blast, è superlativa: il sound e gli arrangiamenti godono di maestosità grazie anche a numerose orchestrazioni che si incastrano alla perfezione nel meccanismo del disco. L’artwork di copertina è un dipinto di Denis Forkas Kostromitin, pittore simbolista russo. Nell’opera è stato mescolato il sangue di Nergal che si è detto entusiasta di incorporare il proprio DNA all’arte. I Behemoth hanno affinato le armi: Orion ha grande tecnica al basso, padroneggia ovunque grazie ad un sound pieno ed avvolgente. Il batterista, Inferno, è la solita macchina da guerra dagli assalti brutali ed ossessivi, possiede un drumming organico e violento che a volte viene incatenato per lasciar spazio ad atmosfere più melodiche ed intriganti. Nergal è sorprendente alla voce. Il suo canto, viscerale e sontuoso, è avvicendato da parti parlate, come nel pezzo “In Absence Ov Light” dove recita il passo di un’opera teatrale (Il matrimonio) di Witold Gombrowicz, scrittore polacco del ‘900, in cui esalta la libertà dell’individuo. In “The Satanist” si susseguono continui cambi di tempo, come nel singolo “Blow Your Trumpets Gabriel”, dal riff ipnotico e monotono che sfocia in un devastante e potente delirio arricchito di cori e fiati. Un disco maturo dove la drammaticità della musica trionfa sulla vertigine umana nell’assenza del tempo. |
Adam “Nergal” Darski: Voce, chitarra elettrica, tastiere Anno: 2014 |