Il secondo disco dei nostrani Mechanical God Creation è certamente un bel passo in avanti rispetto al precedente debut che non mi piacque quasi per niente, invece su Artifact Of Annihilation ritroviamo un corposo e caotico (intricato) quanto maestosamente melodico sound di death metal, si moderno, ma pure attaccato a quel filone nordeuropeo di metallo sinuoso che non arrugginisce mai, immaginate un connubio suonato alla perfezione tra Eucharist, Defleshed, con un pizzico di Arch Enemy, Nile e Cryptopsy con un leggero tocco di Italianità nel suonare un metal perfetto e cristallino quasi da accademia, e a questo aggiungiamo una voce death metal al 100% marcia e come dovrebbe essere il cantato di una band di metal mortale, la voce di Luciana è semplicemente perfetta e rigurgita sangue fetido ed ossido di ferro in un semi-scream gutturale con un tono unico ed ultrabassi cavernosi, davvero una bella prestazione al microfono non c'è niente da dire e per fortuna nessun accenno a clean vocals o spoken words teatrali... Ultima nota: ottima che la grafica del cd tutta da vedere e studiare per bene, un booklet da sfogliare con testi e foto a fronte. Il disco merita un bel voto e la vostra attenzione maniaci del death metal, stavolta non importa se siete old school o new comers, questo cd non sarà facile da togliere dal vostro lettore, anzi, se esistesse una vesione in LP me lo cercherei di accaparrare perché ne vale davvero la pena, il suddetto spazza via vagonate di death/core ed emo-tech-death estremo dell’ultima ora che sia: garantito !... Il risultato finale è massiccio e c'è davvero tanta roba prima di arrivare alla conclusiva "Obsidian Nightfall", soprattutto dopo tanti pezzi ‘tiratissimi’ e tritura cervelli è incredibile la precisione chirurgica del platter e l'efficacia della registrazione con suoni azzeccati e mai troppo pompati, spettacolo puro per orecchie allenate e non. La peculiarità di questo disco è che riesce anche ad arrampicarsi su una Babele di ‘strumentalismi’ asfissianti che vanno verso l'alto, anche in song più dirette come "Ocean of Time" si può sentire che il songwriting si intreccia in modo particolarmente vario e imprevedibile, questo non è un disco scontato, ma forte di un'espressività fuori dal comune, le scelte non sono mai banali e tono dei brani cambia seppur di poco a seconda dell'obiettivo che si vuole raggiungere dosando al millesimo tutte le capacità per un songwriting capace di non annoiare, merito di un lavoro d'ensemble davvero professionale quali i musicisti di questi combo sono. I Mechanical God Creation sono ultra tecnici, ultra gutturali e ultra foschi nello stesso tempo, ci sono pochi momenti di respiro durante i 42 minuti di massacro sonoro in cui pitturano di nero e di rosso e di grigio il loro mondo post guerra mondiale per infliggere all'umanità il colpo di grazia a sublimare la melodia funebre degli ultimi giorni...prima di essere ingoiati dal buco nero. Ed anche in "Nomos of the Earth" la eco di un sinistro freddo cosmico si insidia fra le nostre carni, ed in un turbine di note che paiono impazzite si delinea tra la nebbia il disegno di perfezione soprannaturale che sta al di sopra del destino oscuro dal quale non si può scappare. Un sound superbo pieno si scariche di alta tensione si sussegue nel concept affogato nel mondo offuscato da un'apocalisse tecnologica, un blackout malefico che porta alla morte nel caos e ad una serie di scenari raccapriccianti, anche filosofici e introspettivi, naturalmente sempre in negativo. Un plauso va anche al batterista Michele che suona lo strumento in modo vario e che picchia dinamicamente sulle pelli mordendo senza disdegnare delle divagazioni su accenti quando si cimenta nei break atmosferici e introspettivi che servono a rendere ancora più onirica la fusione tra swedish-death metal e death metal tecnico americano dei primordi, in passaggi certamente complessi eppure accerchianti e ipnotici (senti "Lullaby for Modern Age" ). Già dalla intro "Pyramidon" ci si rende conto che qualcosa è cambiato nel sound dei MGC, ed è con la title-track che si viene scaraventati nel death metal cristallino e pieno di scatenante potenza e fantasia, dove la tecnica sopraffina è messa al cospetto del delirio surreale, sonico e infernale, dove tutto scorre alla perfezione e scivola sublime con intrecci di chitarre schizofreniche che come delle sinapsi irradiano il sound impreziosito da una sezione ritmica al metronomo e del tutto imperiosa in cui trovano posto le melodie mai troppo accentuate e spinte a mille per dare quel senso di fiato sul collo, quasi uno stato s'ansia continuativa di cui non si può capire l'origine se non dare la colpa ai decibel che portano presto ad uno stato di delirio. Lasciate quindi le simpatie per melodia troppo accesa e ricadute nel death-core et simili il quintetto lombardo si butta sul fulcro del genere e ci offre questo Artifact of Annihilation che non solo ricade perfettamente nel metal estremo contemporaneo ma che trascina con sé tutte quelle malignità accattivanti del decennio anteriore dove si può davvero percepire il freddo respiro della morte non prima che un ammasso di piombo mitragliato non annichilisca completamente, corposo e magistrale allo stesso tempo... Il disco raccoglie tutta una serie di regole che solo chi conosce il metal estremo può capire, il death metal è un genere non per tutti, impensabile che potesse avere tutta la risonanza che ha tutt’oggi ma chi se ne intende sa che non ci si può mai improvvisare proprio per l'evoluzione incredibile che ha subito questo filone nell'ultimo decennio. Possiamo tranquillamente parlare di semi capolavoro per via della complessità del disco e contemporaneamente nella sua pur facile assimilazione, il che la dice lunga sul lavoro che si è voluto sviluppare dietro questo disco, il secondo lavoro dei meneghini Mechanical God Creation parla da sé, pur non superando il confine dell'innovazione è un prodotto che può tranquillamente competere al di fuori dal confine nazionale. 80/100
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Luciana Catananti: Voce Anno: 2012 Tracklist: |