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The DusT
Portrait Of A Change

Quarto album dei trevigiani The DusT, un duo autore di un concept tanto inusuale quanto interessante, capace di spaziare con gagliarda disinvoltura dal glam al prog, passando per rock e art-rock. Questo inedito excursus musicale viene percorso in ogni singolo brano, talché è certamente possibile affermare che l’opera è composta da 9 tracce (più una fantasma) ma non da 9 canzoni, considerato che ogni singolo episodio contiene una non scontata articolazione delle parti, caratterizzata da una distribuzione degli elementi assolutamente molteplice e composita. Ciò che emerge, ascoltando quest’opera, è la volontà di non incedere mai nella medesima soluzione sonora. Dovrebbe essere la felicità di ogni prog fans se non fosse che i variegati generi citati in premessa, vengono ordinati, strutturati e organizzati in maniera tale da demolire il concetto di suite (o di mini-suite) in senso classico.

Ed infatti, questo navigare senza bussola tra stili assai diversi, avviene secondo principi e costrutti assai inconsueti: nei primi brani, ad esempio, è possibile verificare come suonerebbe una inedita mistura composta dall’Elton John meno lezioso e i vocalizzi ammiccanti del Mika più efficace, il tutto filtrato secondo una chiave di lettura decisamente prog. E così, proseguendo nell’ascolto dell’opera, sono rinvenibili chiaramente tracce del più valido art-rock, cioè quel genere musicale tipico di un gruppo come i Supertramp (ma anche degli altrettanto validi 10cc), in cui le complesse stratificazioni del prog, venivano subitamente de-strutturate e magicamente materializzate nelle giurisdizioni straniere del pop e del pop-rock. E quando il gruppo devia, seppur occasionalmente, verso compagini che, ancorché oltremodo differenziate ed eterogenee, si trovano in bilico tra glam e hard rock, la musica richiama con puntuale diligenza la lezione offerta da gruppi come Queen e Mr. Big (quelli inglesi, of course).

Influenze più marcatamente prog, infine, si rinvengono nel finale,avvalorato da una suite di oltre 12 minuti che, neanche a dirlo, è riprova di ulteriore stravaganza, per non dire estrosa eccentricità.
Su un brano che inizia su toni epici paragonabili, per spessore e caratura, alla "Crime of the Century" dei già citati Supetramp, la band unisce nel prosieguo rarefatte soluzioni del Canterbury sound, alle esuberanze vivaci del Rocky Horror Show. Del resto, non è un caso se, nell’arco di quasi 15 anni e 4 album – tali sono i parametri temporali e discografici di questa band – diversi musicisti di raro spessore artistico si sono avvicendati tra le file dei The DusT. Tra questi, preme almeno citare il validissimo Federico Gava che, appena 20enne, milita attualmente nelle riorganizzate Orme di Michi Dei Rossi.

90/100


Roberto Grillo: voce, cori, tamburelli, hands, pandemonium
Andrea Gottardi: Chitarra elettrica e acustica

Con
Federico gava: Piano, tastiere
Giovanni Antonio Scarabel: Basso, contrabbasso
Andrea Salvador: Basso
Matteo marchioni: Basso, contrabbasso
Luca Somera: Batteria, synths
Nicola Marsura: Batteria
Igor De Paoli: Batteria
Roberto Tonon: Flauto
Elena Zanette: Violino
Elia Celotto: Violino
Alberto Patterle: Violoncello

Anno: 2011
Label: Autoprodotto
Genere: Art Rock/Pop Prog

Tracklist:
01. Sunny Today
02. Unborn love
03. Now and Again
04. Kill the DusT
05. Silenzio
06. Beauty and Love will save the world
07. 5 Vs 1
08. Metropolitan
09. Riff
10. Open the doors

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