La sottoposizione a restyling del proprio repertorio è un'operazione che intraprendono moltissimi artisti e Fabio Concato ne ha fatto nel tempo largo uso, con risultati a dir poco eccellenti. Agli inizi degli anni '90, con le antologie "Misto di poesia" e "Vita quotidiana", egli ricantava ex novo 14 dei 18 brani che componenvano i primi due album (si allude a "Storie di Sempre" e "Svendita Totale", rispettivamente del 1977 e del 1978), mentre nel 1994 pubblicava "Scomporre e ricomporre", album in studio contenente un pezzo inedito e canzoni attinte dalla passata discografia (prevalentemente del periodo Philips), totalmente reinterpretati, vocalmente e strumentalmente, con risultati sorprendenti, spesso migliori rispetto alla tracklist del tempo (tra gli altri brni, si segnalano "Gigi", intepretata con maggiore enfasi, "Rosalina", impreziosita da sonorità sudamericane, e "Canto", prima contaminazione in assoluto con il jazz). 13 anni dopo, l'operazione veniva ripetuta con "Oltre il giardino", eccellente antologia arricchita anche da due inediti (unico neo del progetto, l'ulteriore inclusione di alcuni episodi già presenti nella precedente antologia, pur rivisti in modo ulteriormente difforme). Recentemente, l'artista milanese ha pubblicato "Musico ambulante" ove egli canta 22 pezzi accompagnato soltanto da una chitarra. Il risultato, in questo caso, ed è la prima volta che succede, non convince del tutto. Il minimalismo fa certamente parte del background di Concato, che non di rado si è affidato alla sei corde e alla voce per interpretare i suoi pezzi, anche nelle versioni originali, ma non appare efficace quando si tratta di ridurre ai minimi termini arrangiamenti complessi e stratificati. Quindi, nulla quaestio quando si parla di "Domenica bestiale", "Fiore di maggio", "Guido piano" ma - e duole evidenziarlo - pollice verso laddove si chamano in causa brani forti di arrangiamenti più strutturati come "Troppo vento", "Canto", "Rosalina", "Sexy tango", "Tienimi dentro te": castrati delle articolate sonorità dell'epoca, appaiono oggi fortemente deficitari e, di conseguenza, meno evocativi. |
Fabio Concato: voce Anno: 2021 |