Con Hearth of the city, Steve Smith si conferma ancora una volta uno dei migliori batteristi jazz/fusion in circolazione.
Oltre alla miriade di collaborazioni e di progetti, tra cui il recente Groove Blue (2015) con Vinny Valentino e Tony Monaco, e l’estemporanea sostituzione dal vivo di Simon Phillips, al fianco di Hiromi, Smith continua a tenere vivo il nome della sua band che oramai da oltre trent’anni scandisce il passare del tempo con incisioni in bilico tra tradizione ed innovazione. I Vital Information esistono infatti dal 1983, periodo in cui il batterista, reduce dalla sua avventura con i Journey (ripresa poi a fasi alterne negli anni a venire) decise di ampliare il proprio bagaglio artistico, cimentandosi nel genere fusion/rock, all’epoca quasi del tutto commercialmente monopolizzato dalla GRP. Con il passare degli anni, gli avvicendamenti rispetto alla formazione iniziale sono stati notevoli, ma quello che ha maggiormente lasciato il segno è stato quello di Frank Gambale, talentuoso chitarrista italo-australiano (di origini napoletane per la precisione) grazie al quale i Vital Information, così come gli altri progetti assieme a Steve Smith, hanno raggiunto le più alte vette del panorama fusion a cavallo tra gli anni ‘90 e il nuovo millennio. A partire dal 2007, con l’album Vitalization, a Gambale è succeduto Vinny Valentino, il cui approccio allo strumento è, rispetto al primo, più morbido, più tradizionale e meno innovativo nella tecnica e nel suono, e sicuramente più jazzato, ma comunque sufficientemente valido per garantire una solida base ritmica e solistica su cui fare affidamento. Nel frattempo Steve Smith si è cimentato in una serie di incisioni jazzistiche a ritroso nel tempo, i cui appellativi, Count’s jam band reunion, Buddy’s Buddies, Jazz Legacy, lasciano facilmente intendere i contenuti. Nonostante le sue escursioni musicali, delle quali in questa sede ne è stata citata qualcuna, Smith ha sempre mantenuto vivo tra i suoi appassionati il ricordo dei Vital Information, regalando, con moderata frequenza, qualche incisione di grande pregio. Anche i Vital Information hanno comunque subito qualche influenza per effetto delle sue esplorazioni jazz, e ne sono testimonianza gli ultimi tre album, dei quali gli ultimi due hanno anche subito una leggera modifica nel nome della band, al quale si è aggiunto l’appellativo di New York City Edition. La motivazione di questo appellativo è dovuta evidentemente alla presenza di Mark Soskin alle tastiere in sostituzione di Tom Coster, non più in formazione dal precedente Viewpoint del 2015, che vedeva anche il nuovo ingresso di Andy Fusco al sax (già Buddy’s Buddies), ora in Hearth of the city presente come ospite ma non più come former ufficiale. Nella line-up trova inoltre conferma l’oramai collaudato e bravissimo Baron Browne al basso. Per completare il quadro dei partecipanti in Hearth of the city, va segnalata anche l’ospitata di George Brooks (già vecchia conoscenza di Smith nell’album RagaBop Trio del 2010). Hearth of the city si presenta quindi come un album fondamentalmente Jazz, leggermente contaminato da accenni fusion. Testimonianza di ciò è la paternità di quasi la metà dei brani (5 su 12), rivisitazioni di vecchie glorie del Jazz, tra cui Cole Porter, John Coltrane e Thelonious Monk. L’incisione non sa comunque di stantio e gli arrangiamenti, del vecchio e del nuovo, restituiscono una immagine di freschezza e di orecchiabilità non sempre riscontrabile nel mondo jazzistico. Smith, come sempre, da prova di grande versatilità e talento nell’adattarsi a tutte le situazioni. Autorevolezza ed incisività sono i suoi principali pregi e in questo disco non è da meno. Il suo calibrato e tecnicissimo dinamismo lo rendono protagonista anche in situazioni dove altri batteristi Jazz si sarebbero limitati ad un semplice accompagnamento ritmico. Smith non è un batterista che usa sommergersi di tamburi e piatti, ma sa usare benissimo quelli di cui si circonda, risultando molto variegato e brillante all’ascolto. Anche in Hearth of the city si lascia andare in un paio di occasioni in qualche divagazione di Konnakol indiano, come già fatto nelle sue ultime incisioni in studio e dal vivo, ed in qualche assolo di grande effetto, nonché in uno spettacolare crescendo d’insieme in "Charukeshi express". Ottima come sempre la qualità audio dell’incisione che restituisce una batteria genuina e sempre in primo piano ma soprattutto in perfetto equilibrio con gli altri strumenti. Una bella conferma quindi questo Hearth of the city, adatto sia ai puristi Jazz che a quelli che prediligono sonorità Fusion. |
Steve Smith: Drums Guests Anno: 2017 Tracklist: |