Per prima cosa date un’occhio alla copertina: una casa che galleggia a malapena e ondeggia rischiosamente non è la metafora della vita ondivaga, in perenne pericolo? I bergamaschi Il Vuoto Elettrico han fissato tre paletti per descriverne la paura e la caducità che la circonda. Uno è stato piantato un paio d’anni fa con Virale, il secondo è questo Traum ed il terzo che verrà andrà a chiudere la trilogia concepita sulla suddetta tematica. Alla seconda uscita, quindi, si nota una sterzata da una certa matrice hard-core a stelle e strisce ad un marcato post-punk. E’ decisamente un bel segnale di coraggio verso lidi diversi e sarà cosi anche nel prossimo lavoro: ne siamo convinti. Ma, nello specifico, cosa vuole dirci la band? Che la paura è una brutta bestia nelle nostre esperienze e ci segue perfino nella quiete del focolare domestico, anche se a noi non sembra. Quindi, alziamo la guardia con queste nove schegge impazzite di Traum: una per ogni stanza rappresentativa di elementi disgreganti dell’anima. "In Door" ci ricorda la paranoia bella e buona, con le chitarre a fare le bizze, soprattutto sul finale. Proviamo a spostarci sul “Corridoio 41” dove s’affacciano incalzanti riffs da film-thriller e veraci slanci sul Teatro degli Orrori con satanici lamenti. Le tematiche ed i suoni non sono per deboli di cuore, tantomeno nella penetrazione della voce spettrale e tamburi tetri e martellanti. Invece, l’uno-due di “Lame in soffitta” e “Un bagno di vita” sono montanti diretti sulla mascella, sganciati da un post-punk al vetriolo e trovate di perle ost(r)iche. Assediati da vorticosi tourbillon, l’oscurantismo si fa più incalzante ne “Il giardino dei segreti” e, sul parlato cupo di “Out Door”, il terrore avanza ed il cuore batte dalla fifa con aspri stridii che t’ingoiano in lugubre suspense. Potete fare tutti i cambi di stanza che volete ma tanto è inutile: paura e fragilità sono una costante e, se non l’avete, state pur certi che qualcuno, in qualche modo, tenterà di trasmettervela con gusto perverso. Quindi, fatevi le ossa con ripetuti ascolti di “Un pitone in sala d’aspetto”, tanto velenosa quanto ossessiva, con ringhiate taglienti in pieno clima demoniaco. L’aria è impregnata di chitarre urticanti con tanto di megabassi paranoici e dispotici, ma non mancano nell’album neanche digressioni su brevi tratte più lineari e umane. Lo sappiamo tutti che dalle tappe della cronologia esistenziale non si scappa e, se è pur vero che esse sono cicliche ed ineluttabili, se non si prova a distanziarle con i pugni, ti tornano addosso come il sacco da boxe. Quindi, è nelle nostre corde il dovere di scacciare i timori che riducono l’uomo ad un pugile suonato, in costante sofferenza. Il Vuoto Elettrico, con queste finalità, si sta cimentando con ogni sforzo qualitativo per aiutarci a gestire la paura con la trilogia prefissata. Ma fate presto, siamo ormai alla seconda fermata: alla prossima si scende al capolinea e potrebbe essere già tardi. Anno: 2017 Label: I dischi del Minollo, La Stalla Domestica, DreaminGorilla Genere: Rock, post-punk, noise TRACKLIST: 01 – In/door 02 – Corridoio 41 03 – Camera di specchi 04 – Lame in soffitta 05 – Un bagno di vita 06 – Giardino dei segreti 07 – Sotto il tavolino in cucina 08 – Un pitone in sala d’aspetto 09 – Out /door LINE-UP Davide Armanini: chitarre elettriche Mauro Mazzola: chitarre elettriche Paolo Topa: parole, Theremin, Trilobit, rumori vocali Giuseppe Ventagliò: basso, synth, seconde voci Walter Viola: batteria
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