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Glass Hammer
The Breaking of the world

Quindicesimo album (o sedicesimo, se consideriamo One, pubblicato nel 2010, ma con composizioni che risalivano a 20 anni prima a firma dei soli Schendel e Babb) per i Glass Hammer, ad appena un anno dal precedente. 

Uscito definitivamente Jon Davison - il cui contributo, nell'ultimo lavoro, era comunque ridotto ai minimi termini (qui la nostra recensione della sua ultima fatica con gli Yes) - ecco che il microfono ritorna saldamente nelle mani di Carl Groves, soprattutto, e di Susie Bogdanowicz (entrambi membri per molti anni della band statunitense).
Oltre ai già citati cantanti/fondatori Babb e Schendel, The breaking of the world vede presenti anche Aaron Raulston alla batteria ed il sempre più convincente Kamran Alan Shikoh alle chitarre, mentre ospita Michele Lynn alla voce (in un brano) e Steve Unruh al flauto e al violino in un paio di pezzi.

Piuttosto grande l'attesa per questo nuovo prodotto targato G.H. per verificare, quanto meno, se la strada intrapresa con Ode to echo (che manifestava un certo disimpegno – finalmente!, dirà qualcuno - nei confronti dello smisurato yes-sound presente in If, Cor Cordium e Perilous) fosse confermata oppure no. Certo, fatichiamo ad immaginarci il basso di Babb come mero accompagnamento, le tastiere di Schendel per nulla protagoniste o l'aspetto melodico abbandonato ma...

L'iniziale “Mythopoeia” è molto promettente e fornisce già qualche risposta: motivo piuttosto frizzante con subito primi attori basso e tastiere, in un piacevole rincorrersi, ben sostenuti dai tempi imposti dalla batteria. Shikoh non è da meno con un paio di interventi importanti, mentre i consueti cori eterei fanno il resto. Dopo una parte centrale piacevolmente acustica, il cerchio si chiude con il ritorno delle solarità solari iniziali. “Third floor” è meno avventurosa della precedente: un piacevole duetto vocale tra Groves e Bogdanowicz contraddistinto da una sottile vena malinconica. Il pezzo poi si accende con continui guizzi dell'elettrica di Shikoh, delle tastiere onnipresenti e delle trame ritmiche del duo Babb e Raulston (qui meno “muscolare” che in altre occasioni).
Babylon” vede affacciarsi il flauto di Unruh che contrappunta con bravura ed accompagna l'intrigante ed intricata composizione, tra le migliori dell'album.

Malgrado l'aspetto sinfonico sia comunque in primo piano, si assiste comunque ad un tentativo di allontanarsi dal classico sound del gruppo, tentativo portato a compimento con successo. Dopo un breve strumentale (“A bird when it sneezes”), arrivano i tre brani più brevi dell'album, tutti attorno ai 6 minuti. La ballad “Sand”, ben interpretata da Groves, con le note crepuscolari del piano a dettare le linee guida: magari un pezzo interlocutorio, ma interpretato con gusto e che accentua l'animo più soft e romantico della band. “Bandwagon” presenta un contributo molto hard della chitarra elettrica con ritmica serrata ed aggressiva su un refrain comunque ammiccante. Ampio spazio per hammond e per qualche ricamo di Shikoh, ma nel complesso il pezzo appare meno ispirato di altri ed un po' sottotono. “Haunted” (voce solista per Michele Lynn) è un'altra soft-song, raffinata e d'atmosfera.

North wind” ci riconsegna i Glass Hammer più sinfonici con spettacolare inizio di Babb e Schendel ed un bel drumming fantasioso di Raulston. La voce di Groves, seppur piacevole, continua a non entusiasmarci (bravo, ma senza quel guizzo in più...), ma le sezioni strumentali sono di alto livello, senza dubbio, tra cambi di tempo frequenti e slanci solisti perfettamente calibrati e non auto celebrativi. Brillante pure l'intro di “Nothing, everything” ricco di tecnica e fantasia: qualche coro a ricordare Squire e soci ma anche intuizioni vicine alla fusion, nella sezione centrale, davvero ben riuscite. “The breaking of the world” ci offre un gruppo in forma ed i risultati si sentono eccome.

Magari un ottimo lavoro per i fans più “progressisti” (ed aperti al nuovo corso, decisamente più personale), forse solo “buono” per i più reazionari (legati ai suoni di If e Cor cordium), oppure anche “appena sufficiente” od addirittura “scadente” per gli oltranzisti?
Al lettore la sentenza.

Voto: 78/100


 

Steve Babb: Bass guitar, keyboards, backing vocals
Fred Schendel: Keyboards, guitars, backing vocals
Carl Groves: Lead vocals
Susie Bogdanowicz: Lead and backing vocals
Kamran Alan Shikoh: Electric, acoustic & classical guitars, electric sitar
Aaron Raulston: Drums

Guest:
Steve Unruh: Violin, flute
Michele Lynn: Vocals


Anno: 2015
Label: Arion Records
Genere: Progressive Rock


Tracklist:
01. Mythopoeia 
02. Third Floor 
03. Babylon 
04. A Bird When it Sneezes 
05. Sand 
06. Bandwagon 
07. Haunted 
08. North Wind 
09. Nothing, Everything


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