Giovani e con tutte le caratteristiche per fare strage di cuori, chiaro non che sia importante, ma d’altronde si sa, avere sotto al palco la buona dose di ragazze può di certo aiutare.
Anche Como quindi può essere aggiunta alle città che vantano un arteria (seppur non di grandi dimensioni) inglese, dall’aria vagamente raffinata, senza dubbio con un che di indie che piace tanto ai giorni d’oggi. Il progetto Lactis Fever approda finalmente dopo una serie di EP, a “The Season We Met, album composto da 10 tracce che solcano a ruota libera i mari dei The Kooks. Un lavoro che può essere percepito grossomodo come un po’ snob e tirato, ma sicuramente pulito nel suono e amato da chi fa, dell’Inghilterra, uno stile di vita. Mettendo da parte la successione dei brani, vorrei inizialmente soffermarmi su “Seven O’Clock”: ascoltando le battute iniziali tutto ci si può aspettare da questa canzone, tranne la comparsa di un groove così energico e accattivante, un crescere della batteria di Tagliabue che ti lascia decisamente spiazzato, pronto a scandire le lancette dell’orologio e a portare le parole di questo brano al posto giusto. Troppo scontata è, per quanto mi riguarda, la traccia d’apertura “Down On My Knees” se non fosse per il fantastico lavoro di basso che in alcuni frangenti genera la spezia mancante, al contrario “Run!” è un tripudio di caos perfetto che si avvicina maggiormente ai lavori dei Killers. “Be Tray You” viene introdotta con l’acuta sapienza di una batteria ovattata che fa tanto live per poi originare un sound tipicamente indie grazie ad una chitarra protagonista nei punti giusti, mentre “Sun”, devo essere sincera, mi ricorda tanto una canzone di qualche anno fa di un gruppo italiano amato dalle ragazzine, sia per il coro che può essere molto piacevole a seconda dei gusti, sia per l’esplosione “intelligente” delle chitarre che manda in visibilio. A chiudere l’album è “Time Changes Everything”, brano parlato posizionato nel modo giusto che da perfettamente l’idea di fine ad un contesto particolarmente elaborato. La tipicità di un disco di questo tipo è dare la sensazione di un lavoro unico, una sorta di ripetizione, di loop interni ad ogni brano, come quando hai qualcosa da dire di molto importante e tendi a ripeterlo più volte con parole diverse, senza però variare il significato. Ecco, questo è The Season We Met. 65/100
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Luca Tommasoni: Voce e chitarra Anno: 2010 |