Non me ne vogliano gli Underfloor se l’inizio di questa recensione sarà dedicata ad Ernesto De Pascale, produttore e giornalista fiorentino recentemente scomparso, che ha lasciato dietro a se’ tracce indelebili nel panorama musicale degli ultimi decenni e senza ombra di dubbio nel cuore di chiunque abbia lavorato con lui.
Ho sentito parlare della sua schiettezza, che non stento a credere sia risultata un punto di forza nell’esprimere la coerenza di questo disco. Sì perché coerenza ed equilibrio sono le prime parole che mi risuonano in testa dopo aver ascoltato più volte Solitari Blu, dove sia vestito che sostanza sembrano indossare la stoffa di un vecchio sarto avanguardista o un giovane stilista dai gusti vintage. Un giusto equilibrio tra moderno e desueto, che regala la forza di melodie impertinenti, capaci di farsi ricordare senza cadere nel vuoto dell’aria, o forse dovrei dire “nell’aria vuota”. Il tutto risulta più efficacie e coraggioso, perché incorniciato da minuti di libera espressione strumentale, dinamica e impetuosa, come in “Solitari Blu”, brano d’apertura, che a tratti può ricordare, o quantomeno non far scordare, “Frame by Frame” dei King Crimson e “One of these days” dei Pink Floyd, tuttavia senza la presunzione di poterne risultare una copia, o l’inconsapevolezza di risultarne una brutta. Ma nel sovrapporsi dei piani paralleli e psichedelici dell’opera fotografica del 1973 del pistoiese Chiavacci si rischia di perdersi come tra i vari strati della coscienza, quando il pensiero non riesce ad attraversarli tutti e uscirne in superficie solido e incontrastabile ma disperdendosi come schegge, a tratti brillanti, a tratti dolorose e quindi poco originali. Frammenti di parole dove talvolta il rischio è quello di prediligerne il suono dimenticandosi della sostanza, che non per forza deve assumere un tono narrativo ma, forse, neanche contraddirsi, o vestirsi di espressioni già sentite, che lasciano spazio a un mercato modaiolo, o demodé, che impedisce di arrivare a comprendere la trama, pur senza chiare spiegazioni, dell’autentico pensiero. Come qualcuno che senza parlare riesca a guardarci negli occhi e con pochi gesti riesca a farci capire tutto. 70/100
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Guido Melis: Basso acustico e voce Anno: 2011 Sul web: |