Disco estremamente interessante. Non ci sono tracce di Crimson, Yes e Genesis, in quest'opera, come inspiegabilmente riferito nei comunicati stampa, mentre vi viene ottimamente celebrato il progressive più moderno: in tal senso, appare evidente quanto i Giant The Vine richiamino le riflessioni sonore dei Porcupine Tree più malinconici e intimistici. Il gruppo è attento, credibile, sensato. L'opera esercita magnetismo, soprattutto nelle profusioni liquide ("The Rose") o negli episodi acustici ("A Little Something"), che paiono letteralmente far rifiorire il mai troppo compianto albero del porcospino. Desidero fortemente precisare che le musiche di questo lavoro spingono all'ascolto ripetuto, cosa assai rara, soprattutto per chi, come me, talvolta è costretto ad ascoltare la musica più per dovere che per piacere. Se mi è permesso un suggerimento, si sente la mancanza della voce. Mentre il disco andava sul lettore, ho provato più volte a fantasticare, immaginando un emulo di Steven Wilson alle prese con queste sonorità e ambientazioni e ho avuto la chiara e netta percezione del capolavoro. In tal senso, per il tratto a venire, consigilio caldamente di ampliare l'organico coinvolgendo un valido singer: sono certo che si conseguiranno ancora più esaltanti risultati. Band: Fabio Vrenna: chitarre Fulvio Solari: chitarre Daniele Riotti: batteria Marco Fabricci: basso Chico Schoen: tastiera/piano Ilaria Vrenna: tastiera/piano Tracklist: 01. 67 Ruins 02. Ahimsa 03. The Kisser 04. The Rose 05. Gregorius 06. Lost People 07. A Little Something 08. Past Is Over |