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Roger Waters
The Dark Side Of The Moon Redux

Tripla recensione del nuovo progetto di Roger Waters, a firma di tre distinti autori.


Scrivere su un disco come “The Dark Side of the Moon Redux” di Roger Waters mette in seria difficoltà.

L’originale "The Dark Side Of The Moon" è forse il disco più emblematico di tutta la storia del rock, tutto ciò che lo riguarda è entrato nell’immaginario collettivo dalla musica fino alla sua iconografia. Ogni singolo istante di questo disco è memorizzato nelle menti di milioni di persone e Waters è andato a rimaneggiare qualcosa che molti considerano intoccabile e perfetto, un vero e proprio mito dell’età industriale.
Alcune responsabilità di questa inviolabilità l’hanno sia lo stesso Waters che gli altri Pink Floyd, nel corso di 50 anni lo hanno riproposto in migliaia di concerti e di dischi dal vivo senza mai adeguarlo al loro presente. Altro materiale storico del gruppo è stato in qualche modo riadattato con nuovi arrangiamenti, ad esempio i brani psichedelici dei primi anni proposti da Nick Mason.
Taluni pensano che essendo un disco perfetto, nulla sia modificabile ma in realtà i Pink Floyd si sono, in parte, anche adagiati sulla compiutezza dell’esecuzione originaria riproponendolo sempre allo stesso modo nota per nota. Non che i primi Floyd non fossero avvezzi all’improvvisazione ma, dal momento in cui la loro stella è entrata nell’orbita più alta (proprio con il successo di "The Dark Side Of The Moon") nel 1973, il materiale dei loro dischi è stato considerato, evidentemente, perfetto così come nella stesura originale e quindi riproposto tale e quale, nota per nota.
Molti dei grandi artisti del rock (Zappa, Bowie, Dylan, Hendrix, etc) nel corso del tempo hanno eseguito i loro brani più leggendari secondo lo spirito e l’ispirazione del momento presente, Dylan è un caso limite riuscendo a renderli talvolta irriconoscibili.
Di "The Dark Side Of The Moon", altri autori, hanno fatto le più impensabili versioni: da quelle dub (Dub Side of the Moon, Easy Star All-Stars, 2003) fino ai Flaming Lips (del 2009) o a quelle solo vocali o addirittura orchestrali, perché quindi indignarsi se a rifarla è uno degli autori?
E’ da un pezzo che i Pink Floyd non sono più dei trentenni fricchettoni dediti alla psichedelia e la loro inamovibilità esecutiva si rivela in parte un boomerang, in particolare per Waters che, ormai anziano, ha deciso di approfondire le tematiche (in particolare dei testi che scrisse all’epoca per intero) di quello storico album, attraverso la sua sensibilità attuale. E l’attuale feeling di Waters non prevede chitarre impregnate di echi o effetti speciali, ma una introversione intimista che lo ha portato a rivedere i brani del disco più leggendario della storia in modo radicalmente diverso, minimale, quasi “cantautorale”, concentrandosi, tra l’altro, in modo particolare sulle liriche.
Il Redux è, infatti, un disco narrato dalla voce di un anziano rockettaro, su degli accompagnamenti morbidi, a tratti appena accennati, e non si tratta, come taluni hanno pensato, di una versione pensata per superare l’originale, quanto per concludere le riflessioni che Waters-giovane aveva espresso in quei testi (sul denaro, sulla morte, sul rapporto con gli altri, etc) attraverso la visione di una persona giunta ad un’età avanzata con una visione politica matura e spesso oggetto di dure polemiche.
Questa nuova versione rappresenta soltanto un nuovo punto di vista su un disco epico che non eguaglia la magia irripetibile del disco del 1973, fatta di un perfetto lavoro di equipe (che vedeva anche la presenza di un tecnico innovativo come Alan Parsons), ma riprende semplicemente le canzoni e le riesegue in modo essenziale con il disincanto e la rilassatezza che solo un vecchio musicista può avere.

Alex Marenga

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P
robabilmente, se Roger Waters avesse evitato di pubblicare (ci si chiede se sia stato messo sotto pressione dalla casa discografica?) in anteprima alcuni brani tratti da questo nuovo album, ne avrebbe giovato in critiche e giudizi affrettati.
Tante le innumerevoli accuse e questioni universali volte a sapere il perché abbia voluto stravolgere e riproporre in una chiave di lettura del tutto inopportuna, un album epocale come “The Dark Side Of The Moon”. Eppure sarebbe stato sufficiente leggere alcune delle decine di interviste rilasciate ai vari giornali specializzati e no, o semplicemente la pagina principale del suo sito web, per capire le motivazioni che hanno spinto questo vecchio pazzo, con uno ego smisurato, a riscrivere un capolavoro definito dai più “intoccabile”.
“Quando abbiamo registrato le canzoni spogliate per le Lockdown Sessions, si profilava all’orizzonte il 50° anniversario dell’uscita di The Dark Side Of The Moon. Mi è venuto in mente che The Dark Side Of The Moon poteva essere un candidato adatto per una rielaborazione simile, in parte come tributo al lavoro originale, ma anche per affrontare nuovamente il messaggio politico ed emotivo dell’intero album. Ne ho discusso con Gus e Sean, e quando abbiamo smesso di ridacchiare e di gridare l’uno all’altro “Devi essere pazzo ****” abbiamo deciso di accettare. È venuto fuori un lavoro fantastico e non vedo l’ora che tutti lo ascoltino. Non sostituisce l’originale, che ovviamente è insostituibile. Ma è un modo per il settantanovenne di guardare indietro, attraverso i cinquant’anni trascorsi, negli occhi del ventinovenne e dire, citando una mia poesia su mio padre, ‘Abbiamo fatto del nostro meglio, abbiamo mantenuto la sua fiducia, nostro padre sarebbe stato orgoglioso di noi. Ed è anche un modo per me di onorare una registrazione di cui Nick, Rick, Dave e io abbiamo tutto il diritto di essere molto orgogliosi’.“
Ecco, l’album - che per inciso va ascoltato nella sua interezza e per questo motivo non ha senso concentrarsi sui singoli brani, siano "Money", "Time" o altri - non è, non vuole essere una riproposizione scimmiottante la pecedente uscita; non è un album di cover, non è una rivisitazione. Non nel senso in cui siamo abituati. Piuttosto potrebbe considerarsi un capitolo a sé stante, che partendo dalle idee concepite dall’allora 29enne Roger, sono satte rielaborate con gli occhi di un 79enne, con la consapevolezza che la precaria condizione sociale e umana dell’uomo, del suo ruolo all’interno del nostro universo o quanto meno su questa Terra, semmai si è ancor più accentuata rispetto alle peggiori previsioni ipotizzate 10 lustri addietro.
Certo, sarebbe stato più semplice un nuovo album completamente differente, una chiusa, come poteva essere "The Final Cut" per "The Wall", ma chi avrebbe capito a fondo il suo siginificato?
Questa versione “musicalmente minimalista” quanto volete, quest’opera teatrale (e davvero ci si aspetterebbe venisse rappresentata a teatro piuttosto che su un supporto digitale o fisico), obbliga l’ascoltatore a riflettere non solo sulla superficie liscia e patinata della musica composta 50 anni orsono, ma lo costringe ad addentrarsi nel significato più recondito con l’analisi dei vecchie  dei nuovi testi che sono stati aggiunti per l’occasione. Le chitarre di Dave Gilmour sono state sostituite da tastiere e archi (curioso l’accenno di "Bourrée" di J.S.Bach da parte del violoncello in "Money" di cui purtroppo ci sfugge il significato recondito), la batteria di Nick Mason è ridotta all’essenziale senza alcun intervento incisivo, mentre le parti vocali (da segnalare l'aggiunta di una buona dose di testi nuovi che coprono le parti precedentemente strumentali eseguite dalla chitarra di Gilmour o come nel caso di "The Great Gig In The Sky", cantate da Clare Torry
e qui accennate con synth e archi) precedentemente espresse spesso con enfasi, sono ridotte ad un accenno baritonale degno di Leonard Cohen o Tom Waits, se non sussurrate con il timbro di un 80enne che non ha più il coraggio di urlare la sua indignazione nei confronti della società dei consumi e del capitalismo, come lo avrebbe fatto 50 anni prima. Vero quindi che se ci limitiamo ad un confronto a livello musicale, rischiamo di cadere nell'errore di volere a tutti costi effettuare un paragone tra vecchia e nuova versione (e un giudizio affrettato a sfavore della seconda), ma crediamo anche che questi arrangiamenti non siano volti a sminuire i ruoli dei compagni d’allora (su cui perarltro appunto Waters ha avuto parole di apprezzamento), quanto a rileggere un passato tutto sommato felice, alla luce di quanto ci circonda oggi o circonda un pazzo e scorbutico ottantenne.
Se poi la domanda che ci verrà posta sarà: “continueremo a preferire la versione originale o questa?” vorrà dire che abbiamo travisato di gran lunga l’intenzione del vecchio Roger.

Roberto Cangioli

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«Penso che la nuova registrazione sia più riflessiva», ha dichiarato Roger Waters recentemente, «ed è più indicativa di quale fosse il concetto del disco».
È
questa, l'idea di fondo sottesa alla nuova edizione di "The Dark Side Of The Moon", arricchita dalla postilla "Redux", la cui uscita è prevista il prossimo 6 ottobre, non una copia sostitutiva dell'edizione originale ma, asseritamente, un tributo e un modo per riaffermare le dichiarazioni politiche presenti in quel disco, anche per «far emergere il cuore e l'anima dell'album, musicalmente e spiritualmente. Dave, Rick, Nick e io», ha continuato l'inglese, «eravamo così giovani quando abbiamo realizzato l'originale, e quando guardi il mondo intorno a noi, chiaramente si capisce che il messaggio non è rimasto impresso. Ecco perché ho iniziato a considerare ciò che la saggezza di un ottantenne potrebbe portare ad una versione reinventata».
Nick Mason, che ha ascoltato l'opera in anteprima nel marzo 2023, l'ha definita “geniale”.
Orbene, nell'affermare che non c'era proprio bisogno di una nuova edizione dello storico album, in un mare magnum di interpretazioni ad opera degli organici più disparati, il bassista (qui curiosamente impegnato soltanto nel ruolo di cantante, con l'eccezione di "Any Colour You Like", unico brano in cui suona il suo strumento), è certamente autorizzato in toto a reinterpretare il repertorio del suo vecchio gruppo.
Evaso lo step della legittimità, per ciò che afferisce al merito esprimiamo un parere sostanzialmente favorevole, guardando con piacere alle gradevoli rivisitazioni di "Money", castrata dalle sue matrici rock e proposta come una ballata, peraltro in chiave country, di "Eclipse", più sobria dell'originale, totalmente priva di toni epici e magniloquenti, di "Us And Them", "Time" e "Breathe", episodi che oggi appaiono perfettamente in bilico tra intimismo e minimalismo. Al riguardo, basti dire che quando un artista intento a rivisitare si disancora pesantemente dalla versione originale, l'operazione appare sensata ed è, per questo motivo, assolutamente gradita (rimanendo in casa Pink Floyd, ad esempio, viene in mente - e si consiglia caldamente - la geniale rivisitazione country di "The Wall", opportunamente ribattezzata "Rebuild the Wall", ad opera di Luther Wright and the Wrongs, nel 2001). 
In tal senso, pur stigmatizzando i passaggi sgradevoli in cui Waters recita "poesie" e la pessima copertina, questa rivisitazione deve essere intesa quale un complemento, forse non necessario ma certamente apprezzabile, anche perché proposto da chi all'epoca contribuì a realizzare la versione originale. 
Ciò che invece risulta opinabile, di questa nuova operazione, è quanto dichiarato dallo stesso Waters accompagnando l'uscita dell'album: n
el precisare che gli altri membri dei Pink Floyd avevano contribuito in qualche modo alla realizzazione del 33 giri originale, egli ha anche riferito che «è il mio progetto e l'ho scritto io... fanculo a tutta questa cosa del "noi"» e, con riferimento alla nuova versione, «sono immensamente fiero di ciò che abbiamo creato, un'opera che può stare con orgoglio accanto all'originale». Ritornando infine al 1973, «Nick non ha mai preteso di scrivere canzoni. Ma Gilmour e Rick? Non sanno scrivere, non hanno niente da dire. Non sono artisti, non hanno idee, non ne hanno mezza in due. Non ne hanno mai avute e questo li fa impazzire».
Orbene, costui ha purtroppo
esasperato tutti con le sue dichiarazioni polemiche e autoritarie, tipiche del peggior detrattista. Come i figli dei divorziati non meritano di assistere ai colpi bassi che i genitori si indirizzano tra loro nel separarsi, ai fan dei Pink Floyd devono essere risparmiati questi teatrini di spregevole substrato, peraltro assolutamente ingiustificati atteso che la locuzione «fanculo a tutta questa cosa del "noi"», potrebbe valere per "The Final Cut", opera (minore) dei Pink Floyd interamente composta da Waters, ma appare totalmente ingiustificata parlando di "The Dark Side Of The Moon", lavoro equamente diviso, a livello compositivo, tra tutti i membri (e l'inserimento degli autori dopo ogni titolo, nella colonna a fianco, serve proprio a ricordare questa circostanza sia a Waters, sia ai suoi innumerevoli e spesso oltranzisti estimatori).

Gianluca Livi

 




Roger Waters – vocals, bass on "Any Colour You Like", VCS3
Gus Seyffert – bass, guitar, percussion, keys, synth, backing vocals
Joey Waronker – drums, percussion
Jonathan Wilson – guitars, synth, organ
Johnny Shepherd – organ, piano
Via Mardot – theremin
Azniv Korkejian – vocals
Gabe Noel – string arrangements, strings, sarangi
Jon Carin – keyboards, lap steel, synth, organ
Robert Walter – piano on "The Great Gig in the Sky"

Anno: 2023
Label: Cooking Vinyl
Genere: prog, rock

Tracklist:
Speak to Me (Nick Mason)
Breathe (Roger Waters, David Gilmour, Richard Wright)
On the Run (David Gilmour, Roger Waters)
Time/Breathe (Reprise) (Nick Mason, Roger Waters, Richard Wright, David Gilmour)
The Great Gig in the Sky (Richard Wright, Clare Torry)
Money (Roger Waters)
Us and Them (Roger Waters, Richard Wright)
Any Colour You Like (David Gilmour, Nick Mason, Richard Wright)
Brain Damage (Roger Waters)
Eclipse (Roger Waters)


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