Il 1994, per i Misfatto, non è solo l’anno in cui si registra l’ingresso del nuovo vocalist, Alessandro Chiesa, ma rappresenta anche il punto di inizio della collaborazione con Gabriele Finotti, che di Chiesa era il partner artistico.
Da allora, e sono passati quasi vent’anni, le due realtà artistiche sono rimaste indissolubilmente legate: da un lato un gruppo che già nel ’93 vantava tre fatiche discografiche all’attivo (Il Peso Dell’Innocenza del 1990, Risparmiateci del 1991, Quel Che Resta del 1992); dall’altro Gabriele Finotti, un artista a tutto tondo che nel tempo avrebbe pubblicato due album (Invisible nel 2006 e Caosduemiladieci del 2010) e un libro di poesie (Caosduemila, edito da Zona Editrice nel 2008), peraltro accompagnato da un cd musicale ospitante vari personaggi dell’ambiente musicale italiano (tra i quali Fiordaliso ed Enrico Ruggeri). Convogliare le sonorità di quest’opera tra i binari pur estesi del cosiddetto rock italiano sarebbe un grave errore, giacché gli undici brani che la compongono concretizzano ascendenze molto eterogenee, peraltro manifestate in maniera oltremodo credibile tanto per ciò che concerne la costruzione dei brani, quanto per l’aspetto meramente esecutivo. L’intimismo acustico di “Lentamente”, le sonorità oniriche, liquide, quasi floydiane della iniziale “Dead Heroes”, si contrappongono abilmente al dinamismo tipico del primo Ligabue (nei brani “La Vendetta Del Perdono” e “Stelle Gemelle Cadenti”), o alla compagine tipica del rock anglosassone post-seventies (come ne “I Giorni della Memoria”, che pare il frutto di un’unione di intenti tra gli U2 e i Simple Minds degli anni ’80). “Incudine” e “Filo Acrobata”, invece, rappresentano riuscitissimi tentativi di commistione tra ballata lieve e hard rock più viscerale, con arricchimenti di vaghi ma efficaci echi grunge o post-grunge. C’è anche spazio per composizioni a largo raggio che esulano dal costrutto strofa-ritornello: “Caosduemila”, con i suoi nove minuti e passa di durata, racchiude l’essenza del disco esprimendo tutte le atmosfere sopra descritte, ulteriormente condite tanto con le atmosfere tipiche del sodalizio Eno/U2, quanto con l’attitudine magnetica propria dei Porcupine Tree di fine anni ’90. E anche quando vengono manifestati interessi da classica, la credibilità di questa proposta musicale non viene affatto meno, giacché il gruppo riesce a coniugare efficacemente un pregevole substrato rock (“Prima Che Ritorni Il Sole”), se non hard-rock (la già citata “La Vendetta Del Perdono”), con il garbo e la sensibilità della melodia italiana. Quanto sopra - oltre che essere veicolato a livello vocale da ben 4 cantanti, tre uomini e una donna, tutti incredibilmente contestualizzati e straordinariamente efficaci - è sublimato da una rara ricercatezza negli arrangiamenti che consacra questa fatica quale produzione elegante e raffinata. Stante quanto sopra, l’acquisto di Undici Eroimorti, quindi, è caldamente consigliato agli amanti del pop e del rock peninsulare, con l’unico avvertimento di non farsi influenzare da una grafica non proprio riuscitissima (inquietante la foto sul retro raffigurante i musicisti vestiti con asettiche tute bianche; ottima la copertina ma decisamente poco idonea a rappresentare quanto profferto a livello sonoro). Per i collezionisti, si segnala l’uscita dell’opera anche nella versione in vinile, peraltro completamente ricantata in inglese, da cui il nuovo titolo Eleven Dead Heroes. 84/100
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Gabriele Finotti: Voce, chitarra Anno: 2012 |