Storie di donne, tratte da eventi realmente accaduti, che costruiscono un percorso tortuoso dove l’amore, invece di trionfare come nelle favole, intossica ed uccide, mostrando la sua malvagità.
Come racconta il regista Giuseppe Oppedisano, lo spettacolo propone “sei vite spezzate in sei mostruosità diverse”. Sei episodi che narrano il passato, il presente e, se ancora possibile, il futuro di giovani donne vittime di culture arcaiche, soprusi, guerre, prevaricazioni. Luoghi diversi e tempi differenti, ma con un denominatore comune: le vittime appartenenti al genere femminile. La rappresentazione prende in esame diversi tipi di violenza: abusi sui minori, infibulazione e lapidazione tutt’ora presenti in alcune zone dell’Africa (e non solo), retaggio di una cultura anacronistica e maschilista; la violenza sessuale perpetrata nelle mura domestiche nei confronti di una donna “obbligata ad amare”; la violenza etnico/religiosa messa in atto nei territori di guerra con stupri di massa; la violenza psicologica, a volte più devastante di quella fisica; le percosse ed il femminicidio; il cyberbulismo ed il revenge porn. Temi forti, che non possono lasciare indifferenti, raccontati mostrando la freddezza dei carnefici e la sofferenza delle vittime. “Finchè morte non ci separi? – La menzogna dell’amore” è un pugno nello stomaco, un descrivere la realtà in tutta la sua crudezza e malvagità. Lo spettacolo non cerca spiegazioni, semplicemente mostra le aberranti storture che la religione, la cultura o semplicemente l’appartenenza di genere, sono in grado di produrre. Sedici attori sul palco, otto donne ed otto uomini, pochissimi arredi per una seduta d’analisi collettiva, dove, nel racconto fortemente appassionato e sentito delle giovani interpreti, si inizia con un sogno per un futuro felice, si ripercorrono i momenti salienti delle storie e si conclude con un epilogo troppo spesso drammatico. Lo spettacolo non può lasciare indifferenti, qualunque sia l’età dello spettatore. Impossibile non provare sdegno, tristezza, rabbia e soprattutto impotenza. Velatamente (ma neanche troppo) la rappresentazione lancia qualche j’accuse: insufficienti le strutture di accoglienza per donne maltrattate, forze di polizia spesso impreparate per gestire adeguatamente certe denunce o, peggio, anche loro vittime del pregiudizio maschilista, i giudici forse troppo superficiali nell’etichettare “consensiente” un rapporto sessuale compiuto sotto l’effetto di alcol o droga. Tanti flash che, seppure mantenendo il focus delle vittime, non dimenticano di evidenziare la struttura mentale dei carnefici: i bravi ragazzi di famiglie “bene” attratti solo dai social, i liberatori nei conflitti, le madri che “consigliano” alle figlie di sopportare le angherie dei mariti pur di non esporre la famiglia al pettegolezzo. Lo spettacolo propone un universo, non è solo la figura femminile violata nel corpo e nell’anima, ma la società complice, se non addirittura mandante delle atrocità. È palpabile l’impellente bisogno dell’autore di tenere alta l’attenzione su queste problematiche; è troppo riduttivo parlarne solo quando l’ennesima donna viene uccisa da chi diceva di amarla, o quando le ferite dell’anima non sono più in grado di rimarginarsi, oppure ancora, come da becero consumismo, si festeggia l’otto marzo con una mimosa che in pochi giorni appassisce facendo poi risprofondare tutto nell’oblio. La violenza di genere va estirpata alle radici ed ognuno, anche il teatro, può contribuire in questa battaglia. Dopo aver assistito ad una rappresentazione del genere alcune considerazioni sono d’obbligo, e, pur condividendo l'invocata necessità di un cambiamento culturale ed una rieducazione degli uomini al rispetto, rischiando le critiche, mi sento di dire che anche le donne hanno bisogno di una educazione ai sentimenti, soprattutto devono scoprire ed interiorizzare l’amore verso se stesse perchè non consentano mai a nessuno di violarle nel corpo e/o nello spirito.
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione dell'otto marzo 2024. |
|
“Finché morte non ci separi?… –La menzogna dell’Amore”-
Scritto e diretto da Giuseppe Oppedisano Con: Maurizia Grossi Giuseppe Oppedisano Alexander Perotto Mariandrea Filpo Magda Andrzejewska Dario De Francesco Irene Géleng Marco Bertes Cristina Barbagallo Roman Khromykh Alessandro Ferri Madeleine Faye Ray Capparucci Jacopo Bargnesi Damiano Maj Arianna Toso. Musiche – Roberto Fiorucci Aiuto Regia – Giorgia Piracci Foto scena – Laura Camia Assistente regia – Alessandro Paniccia
Debutta in prima assoluta al Teatro Tordinona, dal 6 al 10 marzo, “Finché morte non ci separi?… –La menzogna dell’Amore”-, spettacolo scritto e diretto da Giuseppe Oppedisano, che ci conduce nelle dinamiche che portano al femminicidio e alla violenza sulle donne attraverso la riscrittura teatrale di storie realmente accadute.
“Finché morte non ci separi?… – La menzogna dell’Amore” è un vero è proprio kolossal che racchiude in se sei storie e 27 personaggi per dare vita a un denso racconto dei tanti “amori bugiardi” che una donna può incontrare. Lo spettacolo, prendendo spunto da avvenimenti di cronaca attraversa tutti i tipi di violenza e di femminicidio; dalla violenza psicologica/economica, si sposta a quella etnico/religiosa, agli stupri di massa, alla violenza fra le mura domestiche per concludere con quella fra gli adolescenti, il bullismo e il branco. Un luogo d’attesa, un purgatorio, dove troviamo sedute a mo’ di raggiera le protagoniste che di volta in volta, rivivranno gli incubi, le paure, le sofferenze, gli orrori e gli errori dei loro amori infranti e malati. Tre realtà prenderanno vita. Passato/Presente; (prima dell’incontro con l’uomo che segnerà la loro vita) Le protagoniste, come in un’analisi di coscienza collettiva, si presentano e raccontano chi sono e come vivono. Qui e ora; (dopo l’incontro, nella fase del loro rapporto di coppia) Le protagoniste vivono i momenti salienti della loro vita di coppia; gli episodi scatenanti del loro amore malato, giungendo all’atto conclusivo. Presente/Futuro; (ciò che rimane della loro esistenza e di un loro potenziale futuro) Le superstite raccontano il loro presente proiettato nel futuro; cos’è rimasto delle loro vite per chi è sopravvissuta, mentre per chi non lo è parlerà l’anima, che rimpossessandosi per pochissimo tempo del corpo, narrerà l’accaduto, per poi tornare nel regno dei morti.
I moderatori come dei cronisti televisivi, attraverso un gioco creativo del dentro/fuori, forniranno al pubblico notizie inerenti ad ogni genere di violenze sulle donne. Lo spettacolo si muove fra la cronaca e le statistiche date dai moderatori e il vissuto delle vittime e dei loro carnefici. La scena è essenziale e si trasforma di volta in volta.
Teatro Tordinona Via Degli Acquasparta 16 Roma 067004932
Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
|