Una provincia del grande impero zarista, così remota che ci vorrebbero tre anni di cavalcata per arrivare al confine. Un gruppo di notabili di provincia e le loro mogli e figlie, cristallizzati dalla certezza dell’impunità in comportamenti concussori e profittatori. Un tranquillo stagno di piccole bassezze rivestite d’autorità, una impossibilità a distinguere i propri atti come illeciti, a discernere il male. È questa l’atmosfera in cui si muove la macchina teatrale de L’Ispettore Generale di Gogol’, un capolavoro della satira, una macchina ancora oggi efficace e sempre attuale.
L’evento che mette in moto gli avvenimenti è l’annuncio dell’arrivo dalla capitale di un ispettore generale in incognito, emanazione del terribile ma remoto potere centrale, che potrebbe distruggere in un attimo il piccolo microcosmo di abusi e privilegi. I personaggi, volutamente disegnati da Gogol’ senza profondità psicologica, si muovono nell’allestimento di Leo Muscato come marionette. È con un senso di inevitabilità, quasi di automatismo, che tutti i personaggi, privati della tridimensionalità del carattere per diventare maschere, si muovono coralmente in una sorta di balletto per raggirare e corrompere il presunto ispettore, in realtà il giovane viaggiatore Chlestakov (Daniele Marmi). I notabili corrotti, poco più che macchiette, sono capitanati dal Podestà, ovvero Rocco Papaleo con la faccia da tartaro, nell’ampia pelliccia con berrettone alla russa. Nella parte iniziale della messa in scena il ritmo non è così preciso, e il senso dell’assurdo non così accentuato; quando però finalmente lo sciocco Chlestakov comprende l’equivoco, la rappresentazione si sposta su un piano più veloce e più paradossale. Il giovane comincia consapevolmente a interpretare il ruolo di ispettore generale, a prenderci gusto, e inizia a sparare bugie sempre più madornali pur di accontentare le aspettative del “suo” pubblico. L’interpretazione di Daniele Marmi assume toni più francamente divertenti quando comincia ad approfittarsi sempre più avidamente della disponibilità dei paesani a pagare mazzette e si allarga nella vanteria di conoscenze e frequentazioni sempre più elevate. Coloratissima e divertente l’entrata in scena della moglie (Marta Dalla Via) e della figlia del Podestà (Letizia Bravi), che sembrano due bambole russe e si atteggiano e muovono con la petulanza e la curiosità di due personaggi della commedia dell’arte. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 28 novembre 2023 A questo link potete trovare la recensione dello spettacolo al Quirino di Roma |
L'ispettore generale di Nikolaj Gogol con scene Andrea Belli TEATRO CARCANO
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