Come ogni grande classico, può essere recitato integralmente senza stravolgimenti, perché i temi fondamentali di cui tratta risuonano nello spettatore con una timbrica sempre moderna. Così anche ora né Maria né Elisabetta possono tenere in equilibrio il bipolo donna-potere senza dover fare pubblicamente i conti su come affrontano il rapporto amoroso e coniugale con un uomo; ma le loro personalità contrapposte sono anche interpretabili, con gli occhi di oggi più sensibili ad una certa fluidità di gender, come estremi possibili dell’essere donne. Il tema della religione è anch’esso alla base della rappresentazione: oggi non ci riguarda più come scontro tra Riforma e Controriforma, ma è pur sempre ragione di conflitto distruttivo tra i popoli. Tuttavia, rimane in secondo piano rispetto a questa profondissima riflessione sull’essere donna che ci viene offerta da due straordinarie attrici: Laura Marinoni ed Elisabetta Pozzi - Maria Stuarda/Elisabetta I. Ad ogni replica, grazie ad un espediente drammatico, la Fortuna, rappresentata da un angelo, determina chi morirà e chi regnerà. Così le due protagoniste hanno pochi minuti per indossare il costume giusto e calarsi nella parte. Nella serata di apertura al Teatro Carcano gli spettatori hanno ammirato Laura Marinoni nel ruolo di una terribile Elisabetta I dagli occhi cupi, eppure fiammeggianti, ed Elisabetta Pozzi in una morbida, fiera e appassionata Maria Stuarda. Varrebbe la pena di tornare a teatro per vedere l’interpretazione a ruoli invertiti. L’opera di Schiller prevede molti altri personaggi; Levermore tiene fede a uno dei principi fondamentali della sua direzione del Teatro Nazionale di Genova ovvero, citando le sue parole “la restituzione dei classici. La lezione che ho imparato con l’amore e lo studio della musica e dell’opera, e l’abitudine che ho di fidarmi della creazione fatta dai Grandi Maestri, è che saranno sempre più rivoluzionari loro – anche se calati nel tempo presente – di qualsiasi riscrittura fatta oggi, anche giustificata, ma arbitraria.”. Perciò mette in scena gli oltre venti personaggi avvalendosi però solo di altri cinque attori che si producono in una notevole performance. L’altro elemento mutuato dalla attitudine di Levermore alla regia d’opera è la musica o, sempre citando, “Armonia al servizio della poesia”. Il compositore Mario Conte e la cantautrice Giua hanno collaborato alla creazione dell’ambiente sonoro. Il risultato è decisamente coinvolgente e interessante: Giua, in divisa con alamari, pettinatura quasi punk e trucco da replicante reinterpreta dal vivo melodie e canti del Cinquecento mescolati a brani rock identificabili da tutti, tra cui Nothing else matter dei Metallica e Sweet dreams degli Eurythmics. Questa sontuosa atmosfera dark e post glam-rock muove ancora di più emotivamente lo spettatore, e sottolinea magnificamente il ruolo del caso e del destino. La presente recensione si riferisce alla rappresentazione dell'8 novembre 2023. |
MARIA STUARDA regia Davide Livermore
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