Fotofinish
Milano, Piccolo Teatro Strehler, dal 4 al 7 aprile 2024

A più di venti anni dalla sua prima rappresentazione, approda nel tempio del teatro di Stato Fotofinish, l’opera forse più famosa del duo dalla “indipendenza radicale, ortodossa, che rifiuta lo Stato come committente”. Rezza-Mastrella innalzano i loro stendardi e chiamano a raccolta sotto il Palio il “cittadino”, nel senso di colui che “appartiene a uno Stato (cioè a una comunità politica, a una nazione), e per questa sua condizione è soggetto ad alcuni doveri e gode di alcuni diritti (dal vocabolario Treccani)” .Degli spettacoli fino a qui visti da me, questo è stato quello che più ha fatto ridere il pubblico, e un po’ mi è dispiaciuto: non vorrei che gli ormoni rassicuranti che si liberano nella risata abbiano un effetto troppo addolcente. O forse, come in una studiatissima montagna russa, il cocktail è ancora più complesso e serve a scatenare nel pubblico una disinibizione, un ingannevole senso di felicità e sicurezza, senza il quale sarebbe impossibile gettarsi nel “bungee jumping” finale. Non per niente Rezza, ineffabile nella sua crudeltà, allude a una delle sue vittime, dotata di mascherina, con un ineccepibile “C’è qualcuno che a torto si sente al sicuro”. Mai uno spettacolo, che dichiara di imperniarsi sulla solitudine del protagonista, ci ha fatto pensare così poco alla solitudine: forse siamo stati troppo impegnati a stare dietro alle performance di Antonio, mentre esplodono confini e vincoli delle strutture di Flavia Mastrella. “Raddoppio le parole per sentirmi meno solo.”. Una semplice dichiarazione programmatica, che accende di (un) possibile senso le iterazioni.  Non parleremo con ordine di questo spettacolo, perché qualunque tentativo in tal senso si arrogherebbe la presunzione di avere “la spiegazione”. Nell’immagine iniziale del palcoscenico vuoto si vedono nitidamente bianche vele issate sugli alberi, e immaginando gli stendardi agitarsi al vento ci si sente chiamati in causa: “cittadini!”. Un autoscatto folle aiuta a constatare quanto ci siamo deformati, perché nell’immagine in cui noi stessi ci siamo immortalati “Dovevi levare Dio, non dovevi abbassarti tu” (dopo vent’anni abbiamo i selfie, e quella immagine la deformiamo con la AI… ).Così parte la corsa, non “al” ma “nell’ospedale”, e tutto è solo un fatto di percezione: la sfera quadrivelata da porta girevole si trasforma nel cappellone bianco delle Figlie della Carità, e nella corsa la madre superiore è in testa, quarto il primario che arranca, ma alla fine vince un cittadino, “sorte beffarda”. La corsa pazza si ferma e, ironia, “Mi ero appena fermato per sempre, che mi hanno messo le rotelle…”. Altre rotelle si vincono con il premio del concorso “Acqua di pozzo”: la bicicletta dell’irraggiungibilità, che ha la ruota anteriore come una proboscide rotellata. Altro concorso, altro premio, la bicicletta a sette marce, forse stavolta è sufficiente a “sperare in un infarto”. D’altra parte, cosa augurarsi di meglio, se si è un bambino di quattro anni che pedala sulla sua biciclettina affermando ineccepibilmente: “Ci ho solo 4 anni ma già non ce la faccio più – sono stati i quattro anni più difficili della mia vita”? In preda a un delirio progettuale, l’arringatore illustra la soluzione al crollo delle Torri Gemelle con il prototipo dimostrativo “Installazione di un solo manager al lavoro”: difficile morire se cadi da settanta centimetri. Però anche in questo caso la tecnologia, chiamata in causa nella persona del povero ingegnere progettista, non riesce ad occuparsi umanamente delle relazioni umane. Anche la casa, massimo rifugio, diventa un incubo, grazie a un mutuo inestinguibile. Caro pubblico, la sfera quadrivelata potrebbe anche diventare un razzo per le stelle, ma “Il problema è vostro, che vi aspettate sempre troppo”. Così dopo aver tentato di trasformarsi da uomo a donna e poi di nuovo uomo, il nostro novello Tiresia, non in balia degli dèi ma della sua follia, constata di “aver perso l’uso dei muscoli e dei sentimenti”. In preda ad una giusta e riflessiva ira, Rezza ci accusa di un “pacifismo che diventa arroganza”. Le parole che ci restano nella testa sembrano tratte dalla cronaca: “sta per scoppiare una guerra”, “vi sconvolgete qui a teatro, ma allora cosa dovreste sentire quando vi alzate tutte le mattine?”. Con l’aiuto di qualche poliziotto il pubblico viene giustiziato, poco male: “sembrano vivi ma erano già morti”. Intorno nella sala c’è chi è sconvolto e disgustato, molti ridono, moltissimi si nascondono come per l’interrogazione a sorpresa. Qualcuno si butta felice nella mischia e si sente protagonista. L’esperimento psico-ormonale ha funzionato ancora una volta. Però a Rezza sembra scappare un dubbio: “Ma guarda te se a 58 anni devo ancora fare ‘ste cose”. Questo è il terzo spettacolo del duo recensito su queste pagine web: dopo Hybris e Bahamuth, in una sorta di viaggio a ritroso nella loro produzione artistica, abbiamo visto anche questo spettacolo e ne siamo felici, anche se la carica eversiva ci è sembrata quasi stemperarsi nella piacioneria del pubblico, numerosissimo e anche molto giovane. Non siamo alla ennesima replica di “The Rocky Horror Picture Show”. Forse avremmo dovuto alzarci e andare? Forse avremmo dovuto ribellarci e picchiare gli autori a sangue? Forse avremmo dovuto chiamare lo spettacolo fuori dal teatro e trasformarlo in vita? Forse invece ciò che è successo nel teatro non ha importanza e quello che conta veramente è solo ciò che ci resta dopo, una volta spianato il picco ormonale residuo dello spettacolo. Forse dovremmo, con la ragione e la memoria, riprendere i pezzi di noi stessi sparsi senza pudore da Rezza e Mastrella sul palcoscenico e ricostruire la capacità di indignarci per le cose importanti, ricostruirla con estrema precisione.

Questa recensione di riferisce alla rappresentazione dell' 4 aprile 2024.

Altri spettacoli di Rezza e Mastrella recensiti da artistsandbands:

Hybris
Bahamuth



FOTOFINISH
di Flavia Mastrella, Antonio Rezza

con Antonio Rezza
e con Ivan Bellavista
(mai) scritto da Antonio Rezza

allestimento Flavia Mastrella
assistente alla creazione Massimo Camilli
disegno luci, luci e tecnica Alice Mollica
macchinista Andrea Zanarini
organizzazione generale Tamara Viola, Stefania Saltarelli

produzione RezzaMastrella, Teatro Vascello – La Fabbrica dell’Attore




foto di scena di 

Dal 4 al 7 aprile 2024, Flavia Mastrella e Antonio Rezza portano sul palcoscenico del Teatro Strehler il loro “epico” spettacolo che, tra teatro, arte e performance, racconta di un uomo che moltiplica all’infinito la propria immagine per cercare di sfuggire alla solitudine. 
Flavia Mastrella e Antonio
Rezza, che hanno ricevuto il Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia nel 2018, arrivano al Teatro Strehler con
Fotofinish.
Lo spettacolo, che è andato in scena per la prima volta nel 2003, racconta la vicenda di un uomo che, per sentirsi meno solo, si fotografa. Per farlo apre uno studio dove si immortala, fingendosi ora cliente, ora fotografo esperto. Grazie alla moltiplicazione della sua immagine, arriva a credersi un politico che parla alla folla: una folla che non c’è, ma che lo galvanizza. Tra un comizio e l’altro, si autoproclama costruttore di ospedali ambulanti, che si spostano direttamente nelle case dei malati, ma all’interno dei quali c’è sempre lui: sotto le vesti del primario, sotto quelle del degente e sotto quelle delle suore cappellone, che sostituiscono la medicina con gli strumenti della fede. Ben presto, grazie all’inflazione della sua immagine, si convince di non essere più solo. Continua, così, nelle sue scorribande politiche, delegando se stesso alla cultura per costruire impossibili cinema dove l’erotismo differisce dalla pornografia solo per qualche labile traccia di dialogo. Ipotizza incendi e sciagure, immagina uscite di sicurezza per portare in salvo lo spettatore medio che lui stesso rappresenta. Di tanto in tanto torna ad essere fotografo per scattarsi nuove foto, impazzendo poco a poco, ma mai completamente.
«Nel pieno del suo delirio auto presenzialista – spiega Antonio Rezza - arriva a farsi donna con tutta la sua nudità camuffata; e a farsi uomo, pensandosi ora l’una ed ora l’altro, immaginando di uscirci insieme per rientrarsi accanto. E come politico sblocca ogni piano regolatore per regalarsi una casa ambulante, come gli ospedali, come la disperazione di chi tenta di imbrogliar se stesso. E quando è costretto a mettere un cane a difesa della sua abitazione capisce di esser solo e di essere lui quel cane posto a tutela della proprietà. Ma con un colpo di coda inaspettato torna da cane a politico e accusa gli elettori di non aver capito. Di non aver capito che nulla è mai esistito. L’unica cosa che esisteva era la sua solitudine. Che non può essere fotografata perché la solitudine è l’assenza di chi non ti è vicino.»
«L’allestimento scenico – commenta Flavia Mastrella - è costituito da Cinque elementi, i totem, che sviluppano le braccia e tentano di contenere il circostante; appesi ai totem giacciono sculture e volumi mobili che danno la possibilità di percorrere tutto il palco - sono presenti i quadri di scena mutanti [dei quadri di scena che, scivolando dal supporto metallico, diventano abito o appendice del corpo. Apparsi la prima volta nell'allestimento di Barba e Cravatta, si sono poi evoluti nel volume con Io]. Il bianco è il colore dominante, in varie tonalità, con squarci di rossi vivaci verdi e blu. La sfera bianca rotola in uno spazio del quale ignora completamente le regole, vaga come microcosmo mentale abitativo e definitivo. Lo sferoide con Antonio ruota tra il pubblico nel corridoio centrale del teatro su un prolungamento del palco illuminato. Il mezzo che porta al nulla, munito di ruote, rende agili gli spostamenti. Sono previste altre presenze umane in scena con Antonio: Un passeggero - Una folla.»

(fonte comunicato stampa)


Piccolo Teatro Strehler
via Rivoli, 6 – M2 Lanza

Orari:
martedì, giovedì e sabato, ore 19.30;
mercoledì e venerdì, ore 20.30
(salvo mercoledì 20 marzo, ore 15 per le scuole);
domenica, ore 16. Lunedì riposo.

Durata: 100' senza intervallo

Informazioni e prenotazioni 02.21126116
www.piccoloteatro.org



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