Il buon teatro, come tutta la vera arte, può farti sentire e può farti pensare. Ebbene, questo Hybris per la prima volta nella mia carriera di spettatrice mi ha fatto venire voglia di uccidere il protagonista. Violento, crudele, ingiusto, ingiurioso, straripante, ipercinetico, iper-verbale, la lista degli aggettivi potrebbe proseguire. Anche l’aspetto fisico è esasperato come certi profili di vecchi nei disegni di Leonardo, l’abbigliamento è quello di un arlecchino catarifrangente o di un uovo di Pasqua da quattro soldi.
Le luci rosse calano a palcoscenico già occupato da alcuni personaggi. Avvolto nella luminosità blu-nera il “nostro” entra in scena, si sdraia nello scheletro di una scatola-letto-bara. Toc-toc…inizia l’inesorabile risveglio. Al suono di un inarticolato throat singing la bestia si sveglia e dialoga smodatamente senza parole, in un caleidoscopico affastellarsi di significanti. La luce dell’est illumina il palcoscenico. Si parte! Non ha senso descrivere oltre ciò che accade in scena, seguendo l’ordine degli avvenimenti sul palco. Il “nostro” comincia la sua inarrestabile e travolgente aggressione verbale e fisica dei malcapitati personaggi, quasi muti e immobilizzati in gesti privati di significato. Rezza ridisegna lo spazio fisico e mentale delle sue vittime con l’unico ausilio di una porta che - giustamente - viene portata per tutto il palco. Inverte il dentro e il fuori. Allarga bugigattoli e nanifica piazze e città. Spadroneggia con le sue le sue assurde imposizioni. Dilaga con le sue inascoltabili verità. - Quando ti abbraccio è l’unico momento in cui sto bene perché non ti vedo. - oppure - L’unico punto in cui mi sono sentito a mio agio è sotto lo stipite, tra due famiglie di merda! -. Così “siamo fuori” diventa una metafora psico-topologica della nostra relazione con gli altri. Il finale è inevitabile: in una estrema metamorfosi la porta attua la cesura finale tra l’io e gli altri, tra il dentro e il fuori, tra il familiare e lo straniero. Io sono fuori – dalla mia comfort zone. Forse i calembour e i giochi di parole non sono raffinati e potenti quanto quelli di Bergonzoni, ma qui entrano in retroazione positiva con il gesto, l’espressione, il movimento e tutto è così pieno di energia che si viene travolti. La violenza e la crudeltà ci riportano al significato primo di Hybris e l’uomo si fa davvero belva. Flavia Mastrella crea una ambientazione semplice ma altamente funzionale a ospitare questa incredibile performance di Antonio Rezza. Gli altri attori sono pazienti e sofferenti vittime dei suoi eccessi. Molta parte del pubblico ride. Personalmente non ho trovato nello spettacolo una necessità comica, ma devo riconoscere che mi ha fatto sentire - e mi ha fatto pensare. Cosa posso chiedere di più?.
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 19 novembre 2022
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Hybris dal 15/11/2022 al 27/11/2022
di Flavia Mastrella Antonio Rezza
con Antonio Rezza e con Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara Perrini, Enzo Di Norscia, Antonella Rizzo, Daniele Cavaioli
e con la partecipazione straordinaria di Maria Grazia Sughi
(mai) scritto da Antonio Rezza habitat Flavia Mastrella assistente alla creazione Massimo Camilli luci e tecnica Daria Grispino organizzazione generale Marta Gagliardi, Stefania Saltarelli macchinista Andrea Zanarini
produzione RezzaMastrella, La Fabbrica dell'Attore - Teatro Vascello, Teatro di Sardegna
TEATRO ELFO PUCCINI Corso Buenos Aires, 33 MILANO tel: 02 00660606
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ORARIO SPETTACOLI da martedì a sabato ore 20.30 domenica ore 16.50
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