Questo spettacolo incarna perfettamente il senso della letteratura russa, grazie a continui riferimenti concettuali e tematici all'opera di Dostoevskij, non a caso citato anche nel corso della rappresentazione.
Quanto concretizzato da attori e regista, in particolare, è proteso a far emergere i temi del ciclo esistenziale dell'essere umano maggiormente legati alla preclusione del riscatto. Secondo questa visione, in sintesi, l'uomo è condannato a sopportare, a soffrire: gli è certamente concesso percepire la bellezza delle cose, ma ciò avviene fugacemente, giacché esse sfuggono irrimediabilmente prima che si possano afferrare. Si evince, già da queste poche righe, che per la complessità tematica e concettuale ivi affrontata, quest'opera non è adatta a tutti. In realtà, la stessa è fortemente consigliata a chi ama il lascito del già citato Dostoevskij, così come di Tolstoi e, più in generale, di tutti gli esponenti della letteratura russa dalla metà dell'ottocento agli inizi del novecento. Va doverosamente speso un elogio agli attori coinvolti, in grado di manifestare l'indubbia capacità di piena assimilazione dei punti fermi concettuali della citata corrente letteraria, cosa che induce il pubblico alla riflessione profonda su importanti temi di natura esistenziale: la vita, la sofferenza umana, il dramma di un'esistenza anche spicciola. Al regista si riconosce il merito di assimilare pienamente l'opera del drammaturgo Čechov: non l'esaltazione della vita di personaggi in vista, agiati, importanti, ma l'attenzione verso uno strato sociale ordinario, legato alla media borghesia, che si concretizza, in termini di tenore di vita, con il raggiungimento e il mantenimento di un livello dignitoso di vita, nel caso di specie garantito dalla gestione dell'azienda agricola. Va comunque segnalato che nell'opera sono presenti momenti ilari, anche ricorrenti: come noto, infatti, Čechov considerava "Zio Vanja" una commedia, non un dramma, come invece recepito dalla critica del tempo. Pienamente condivisibile l'inserimento, nella sceneggiatura, di un incipit importantissimo che ha il potere di racchiudere il senso di tutta l'opera: quel "bisogna agire" che, elargito dal Prof. Serebrijakov (Alberto Mancioppi) come insegnamento per tutti, sta a significare l'importanza non soltanto della pianificazione, della programmazione, dell'approccio concettuale alle cose, ma anche, e soprattutto, dell'azione reale. Tuttavia, la frase testimonia anche un'enorme contraddizione, giacché la staticità sopra enunciata simboleggia il mancato mutamento sostanziale delle cose: ed infatti, nel corso di tutta l'opera, si percepisce la presenza di un accentuato tumulto di pensieri al quale, tuttavia, non seguono atti dalle conseguenze tangibili. Anche eventi piuttosto clamorosi - tra i quali l'intenzione di Vanja (Giuseppe Cederna) di uccidere il Prof. Serebrjakovun e il tentativo di suicido di quest'ultimo, momenti che incarnano i momenti più ricchi d'azione di tutta la piéce - si risolvono in goffi tentativi prodromici di un ritorno alla staticità iniziale. Quanto sopra è sublimato da una scena volutamente e meravigliosamente scarna, peraltro a vocazione scura, costituita da una credenza e un tavolo, simboli del vissuto quotidiano che esprimono una vita semplice, un'esistenza votata all'essenziale, protesa al risparmio. In chiusura, preme evidenziare la performance di Giuseppe Cederna, capace di un assetto interpretativo che coinvolge tutto il corpo, anche con gesti quasi acrobatici: l'attore si muove da una parte all'altra, balla, sale sul tavolo, scivola sulle poltrone, addirittura fa la verticale. Una gestualità accentuata, la sua, testimonianza del tormento interiore, delle agitazioni, della sofferenza che tipizza il personaggio di Vanja. Infine, colpisce il modo in cui viene rappresentata la donna: Sonia, ad esempio, veste in maniera se non spartana, quantomeno essenziale; sono gli abiti tipici di una donna che lavora tutti i giorni, quindi c'è poca vanità nel suo quotidiano, attitudine, peraltro, efficacemente rappresentata dalle espressioni e dalle posture di Mimosa Campironi, la brava attrice che interpreta il personaggio. La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 9 febbraio 2023. |
ZIO VANJA
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