Qualsiasi critico musicale non partenopeo che dovesse pronunciarsi sugli album del primo Pino Daniele, quelli a cavallo tra i '70 e gli '80, si limiterebbe generalmente a descrivere la incredibile compagine sonora ivi espressa, un connubio interessantissimo tra cantautorato, jazz, blues, rock e tradizione partenopea.
Per capire qualcosa dei testi di quei lavori, di cui pure egli fu autore, bisognerebbe necessariamente rientrare nei confini di Napoli e della Campania in generale, chiedendo lumi ad un autoctono. Al riguardo, soccorre Enzo Decaro che, con questo spettacolo, apre uno squarcio interessantissimo sulla poetica del musicista, a tratti davvero insospettabile. Recitate su un tappeto acustico creato con rara sensibilità dal chitarrista Antonio Onorato, le liriche di Pino Daniele assumono insospettabili connotazioni, in bilico tra saggezza popolare e cristallina sensibilità. In tal senso, l'interprete ha la capacità di sorprendere ancora "totalmente vergine" il pubblico che si dovesse professare seguace dell'artista partenopeo. Con riguardo ai testi del compianto musicista, cioè, esiste un prima e un dopo Decaro, quantomeno per che scrive. Ad esempio, "Na' tazzulella e' cafè", che prima pareva una canzuncella piuttosto innocua, buona da fischiettare lavando l'auto e riassettando casa, ora assume peculiarità insospettabili: "mai niente cè fanno sapè, nui cè puzzammo e famme, o sanno tutte quante e invece e c'aiutà c'abboffano e' cafè (.) fanno sulo mbruoglie, s'allisciano, se vattono, se pigliano o' cafè e nui passammo e uaie e nun puttimmo suppurtà...". Il lettore converrà che liriche di una tale portata assumono ora tratti distintivi ribelli, finanche eversivi, se si considera il periodo storico in cui furono partorite. In poche parole, e volendo fare un parallelismo interregionale, a Roma, un testo così, solo un Belli o un Trilussa o un Pasquino... Che sorpresa, peraltro, apprendere per bocca di uno dei protagonisti di allora, che questi versi furono proposti dal cantante ai tre de La Smorfia e da questi ultimi rifiutati perché giudicati troppo forti per la Rai, ove erano appena approdati e della quale si temeva la fortissima impronta censoria. E poi, ancora, è piacere ascoltare riflessioni sulla innata attitudine del cantautore di unire le persone o sulla sua capacità di utilizzare le parole "sole" e "mare", le più ricorrenti nei suoi testi. "E' stato un rivoluzionario", dice Decaro, "uno che aveva qualcosa di immenso e mai banale da dire anche quando affrontava il tema dell’amore, che nella musica è stato declinato in ogni modo (.) Aveva sempre un forte pensiero da esprimere. Anche quando era controcorrente". Ed è proprio così. L'attore compie un lungo excursus tematico recitando stralci di innumerevoli pezzi, spesso frammentandoli, talvolta interponendoli fra loro, creando una stratificazione tematica mai banale, talvolta ardita (come quando il testo di "Immagine" di John Lennon funge da complemento a "Napule è"). Quanto sopra è sublimato dalle musiche di Antonio Onorato, chitarrista al quale riconosciamo più meriti: dalla tersa capacità esecutiva, agli interessanti arrangiamenti (che, in un sol colpo, e con un unico strumento, coprono due alvei distinti: la melodia del brano e la relativa linea vocale, quasi mai coincidenti), senza dimenticare la sua capacità di condividere il palco con sommessa discrezione. Se ci sono permessi due interventi di tipo propositivo, nel citare la validità comunicativa della formula forgiata da Pino Daniele, potrebbe essere interessante ricordare che la stessa non sarebbe esistita senza il pregresso seminato di artisti come James Senese con i suoi Napoli Centrale e gli Osanna, pur nelle rispettive direzioni jazz-rock e prog (prima di diventare famoso, peraltro, Pino militò nei primi per breve tempo e si rivolse a Lino Vairetti, frontman dei secondi, per chiedere un parere su alcuni suoi brani). Al riguardo, si pensi a titoli come "Campagna" e "'A Zingara": nessuno, fino ad allora, aveva mai parlato in quel modo di braccianti e gitani (per coloro che volessero approfondire, si consiglia la lettura degli articoli dedicati ai Napoli Centrale e agli Osanna, sempre a firma di chi scrive). Inoltre, la citazione dei titoli dei brani i cui testi sono recitati o commentati, favorirebbe un'eventuale opera successiva di consultazione ad opera del pubblico più zelante. Nota: Enzo Decaro è stato da noi molto apprezzato nell'opera "Non è vero ma ci credo", a Roma, Teatro Parioli, nell'aprile del 2022. |
SULO PE' PARLA' Titoli dei brani i cui testi sono stati recitati e/o commentati Teatro di Villa Lazzaroni |