Nella particolarissima location del Teatro di Documenti, con una scenografia che si compenetra con il pubblico che quasi ne diventa parte, arricchita solo da una grande cassa di legno e corde dalla quale le due protagoniste entrano ed escono in un "fuori e dentro" che rispecchia la storia narrata con momenti di introspezione e attimi di realtà esterna, la vicenda di due donne (o forse l'aspetto pubblico e privato di una sola) prende vita in tutta la sua cinica disperazione. L'autrice ripercorre la tragedia della perdita di un figlio, qualcosa di innaturale perchè, solitamente, sono i genitori che non sopravvivono alla loro discendenza, e ne descrive lo strazio, la graffiante crudezza ed il vuoto interiore che ne deriva. Brandelli di vita da sopravvissute, che la società compatisce, ma stenta a comprendere. Le due attrici Evelina Nazzari (figlia del grande Amedeo Nazzari) e Maddalena Recino, sono abilissime nel far emergere il loro senso di solitudine, l'incapacità di districarsi nel fortissimo dolore e, da ogni loro frase, espressione, movimento riescono a far sgorgare tutta l'angoscia che attanaglia le protagoniste. Spettacolo di forte impatto emotivo, coinvolgente e doloroso nel quale, con gli strumenti della narrazione teatrale, l'autrice rivela i più primordiali istinti di vita e di morte e rispetto al quale lo spettatore non può rimanere indifferente. Questa recensione di riferisce alla rappresentazione del 29 novembre 2022. |
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