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Black Sabbath
13

Dio è morto? Si domanda Ozzy Osbourne nella seconda traccia di “13”. La risposta è certamente negativa visto il miracolo di far riunire i Black Sabbath, a distanza di 15 anni dall'ultimo disco insieme, sebbene alla reunion non prenda parte, per motivi contrattuali, lo storico batterista Bill Ward (la cui mancanza purtroppo si sente), sostituito da Brad Wilk, dei Rage Against The Machine.

La band ripercorre le orme del passato riproponendo il tocco di campane, la pioggia e le atmosfere inquietanti, presenti nell'omonimo capolavoro del 1970.

La piacevole sorpresa è riscoprire Tony Iommy in splendida forma, nonostante la malattia con cui è destinato a lottare: la sua chitarra, dal tipico timbro heavy metal, è accompagnata egregiamente da Geezer Butler e sforna assoli di gran classe.

La sensazione, continuando l'ascolto, è che la band cerchi disperatamente di ripetersi, allungando la magica pozione che bevve agli inizi della carriera trasformando i singoli membri in eroi: si risentono addirittura i tamburi di “Planet Caravan”, celebre pezzo di Paranoid, spogliato però del suo fascino. “End Of Beginning”, “God Is Dead?”, “Loner” e “Zeitgeist” sono bei pezzi, forse un tantino privi di cattiveria, ma molto orecchiabili. “Age Of Reason” possiede una dose di imprevedibilità ed Ozzy sembra divertirsi con la voce. In “Damage Soul” si fa sotto un piacevole blues sottolineato da una cara vecchia armonica.

Per i cultori dell'headbanging c'è il riff di “Live Forever” mentre fa capolino “Dear Father”, brano ben riuscito con una struttura che cresce sino al temporale finale.

A conti fatti, 13 è un buon album se non fosse per i fantasmi del passato che bussano alla porta dei quattro vecchietti, rubando un po' di originalità che il pubblico si aspettava dopo tutto questo tempo.


Daniele Ruggiero
(recensione pubblicata il 23 set 2015)

72/100


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Sicuramente il disco più atteso dell’anno e non solo, sicuramente il disco più atteso da 35 anni a questa parte. Dopo la reunion nel 1998, con qualche concerto ed un solo doppio live con due inediti, si riparlava spesso di un nuovo ritorno, di un album inedito, ma il tutto è sempre rimasto in dubbio, anzi sembrava quasi  un’utopia.
Poi i Black Sabbath hanno ripreso nuova vita, con un live ed un album in studio, ma non sotto lo storico nome, ma come Heaven And Hell con il grande Ronnie James Dio alla voce e questo, bisogna ammetterlo per i capricci della Osbourne Family. Ora il tutto è realtà e viste queste difficoltà per riportare Ozzy con i Sabbath, sinceramente non mi aspettavo un risultato del genere. Perché 13 è un vero disco dei Black Sabbath, quello che tutti ci aspettavamo, non un capolavoro, ma nemmeno un disco da dimenticare, un album che ci riporta indietro nel tempo e senza voler esagerare, in ogni brano ci sono sonorità riconducibili al periodo da Black Sabbath a Sabotage.  

Se poi c’era bisogno di un nuovo disco dei Sabbath, questo sta ad ognuno di noi rispondere, ma dal momento che c’è, allora ce lo godiamo fino in fondo!! La band sembra in ottima forma, Tony Iommi quello che fa da 40 anni (c’è bisogno di dirlo?), lo fa oggi ancora in grande stile, Geezer Butler, aiutato anche da un’ottima produzione ad opera di Rick Rubin, che non ha sicuramente bisogno di presentazione, rende il tutto corposo e perfetto, Ozzy è sempre Ozzy e come non potrebbe esserlo, la sua voce è sempre inimitabile ed il drum work, affidato a Brad Wilk dei Rage Against The Machine, svolge il ruolo di Bill Ward, purtroppo fuori dalla reunion e lo svolge perfettamente, senza strafare.  

“End Of The Beginning”
è un brano sabbathiano sotto tutti gli aspetti, i riff di Iommi duri e plumbei, le ritmiche lente e la voce caratteristica di Ozzy ed il brano poi risorge con una tipica cavalcata 'Black', un ottimo assolo di Iommi e “God Is Dead?” abbiamo avuto già modo di ascoltarla in  streaming via web, altro lungo brano dove la parola doom acquista più significato, anche se poi il brano si velocizza ed è difficile rimanerne indifferenti ed il guitar work di Tony Iommi è veramente eccellente, mentre “Loner” è più breve e diretta e “Zeitgeist” è letteralmente splendida, lenta, psichedelica, con accenni anche folk e progressive ed in lontananza si odono anche percussioni ed una chitarra acustica, un brano che è figlio legittimo di “Planet Caravan”.

Ancora ottimi momenti con “Age Of Reason”, altra song più diretta e con la voce di Ozzy a cantilena e non mancano comunque rallentamenti e sonorità più ricercate, con “Live Forever” ancora più potente e trascinante, con “Damaged Soul” dove tornano sonorità più cupe e lente, con un’armonica che dà quel tocco blues al brano, con il basso di Butler  dal suono corposo e con la chitarra di Iommi tra riff, assoli graffianti ed altri più bluesy ed oldies e con la conclusiva “Dear Father”, altro brano Black Sabbath al 100%, dove stavolta però la sua lunghezza penalizza il risultato finale.

Tuoni e rintocchi di campane, finisce così questo atteso ritorno dei Black Sabbath, così come iniziava la loro storia in quello spettacolare lavoro omonimo del 1970. Ora questa storia finirà qui o avrà un seguito? Per il mio modesto parere, 13 non avrà un seguito e spero di sbagliarmi, ma ugualmente i Black Sabbath sono riusciti a non deludere chi li aspettava da molti anni.

Fabio Loffredo
(recensione pubblicata il 3 lug 2013)

80/100

 

 



Ozzy Osbourne: Voce
Tony Iommi: Chitarra
Geezer Butler: Basso
Brad Wilk: Batteria

Anno: 2013
Label: Vertigo/Universal Music
Genere: Hard Rock/Heavy Metal

Tracklist:
01. End Of The Beginning
02. God Is Dead?
03. Loner
04. Zeitgeist
05. Age Of Reason
06. Live Forever
07. Damaged Soul
08. Dear Father

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