Scritto da Gianluca Livi Martedì 19 Aprile 2011 23:53 Letto : 3234 volte
Dal punto di vista squisitamente esecutivo la band abbatte il monopolio dettato dalle musiche strumentali, proponendo 2 brani cantati su un totale di 7. Orbene, la seconda fatica dei Portal Way è promossa, ma con pesanti riserve. Per quanto afferisce alla produzione, l’opera appare nettamente superiore alla precedente: i suoni sono nitidi, gli strumenti certamente utilizzati in maniera oltremodo contestualizzata ed organica. Dal punto di vista esecutivo, confermo in toto quanto già espresso nella pregresso giudizio: il gruppo ci sa fare e anche parecchio. Sul piano della composizione, sono certamente diminuite le citazioni dreamtheatriane, risultano assai contenuti i cambi di tempo, ed è del tutto scomparso, dalle influenze del gruppo, il prog delle compagini anglosassone e italiana, soprattutto di matrice più intimista e riflessiva. Formule più dirette ed immediate, cui i 4 sembrano protesi, sembrano strizzare l’occhio ad alcuni pregevoli contesti hard rock di metà anni ’70: nel brano “Zick Hamka”, ad esempio, l’assolo della tastiera evoca contesti solistici propri del John Lord più ispirato. Nondimeno, “L’abisso” e “Atlantide”, si palesano quale perfetto esempio del Metal Prog strumentale odierno. Le riserve sopra accennate, piuttosto, riguardano gli innesti vocali. Nulla quaestio sui due vocalist, Claudio Cassio e Sara Imperatore, le cui qualità vocali sono indiscutibili. Ciò che invece risulta evidente è una certa difficoltà del gruppo, da un punto di vista squisitamente compositivo, ad adattarsi alla formula canzone. “Portal Way” – un brano del primo album qui completamente riarrangiato – vede ospite il citato Claudio Cassio, la cui prestazione risulta completamente inadeguata, essendo verosimilmente la sua voce più consona a compagini se non Maideniane, certamente Power Metal. Si soggiunge che il brano è stato pesantemente accorciato, incredibilmente castrato di intro e code strumentali, cioè le parti in assoluto più belle, quelle maggiormente evocative. “Tranquillity”, invece, che vede ospite Sara Imperatore, ci sembra una ballata assai banale, più vicina ai congestionati contesti Gothic Rock piuttosto che a quelli Prog Metal, cui la band appartiene. Insomma, per farla breve, la formula strumentale li vede abili e concreti, quella cantata non è affatto convincente. Un ultima nota stonata: se rimanemmo insoddisfatti della durata del primo album (poco più di 30 minuti), figuriamoci cosa possiamo dire dei soli 29 minuti di questa seconda fatica. 80/100
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Igor Gold: Tastiere Anno: 2011 |