Voilà un ottimo disco di hard rock inusuale, tipizzato da un'impronta vocale che richiama chiaramente il Glenn Hughes più acuto e sferzante. L'ex bassista dei Deep Purple, peraltro, sembra fornire ispirazione anche per alcune sonorità funky-rock che si rinvengono ciclicamente all'ascolto dell'opera intera. Fanno certamente eccezione i brani "Bubbles" e "The Game", che mantengono un'impronta squisitamente hard rock ma su un impianto che pare ricordare il Peter Gabriel a cavallo tra '80 e '90 più votato alla ritmica. Inoltre, "Doesn't Matter" fornisce un esempio di felice commistione tra Beatles e Deep Purple: dei primi sembra richiamata una certa vocazione sperimentale, segnatamente di stampo orientale; dai secondi è ripresa la struttura hard rock, ancora una volta periodo post Gillan/Glover. Il leggendario gruppo inglese è chiamato in causa una terza volta anche grazie alle ospitate di Don Airey, la cui impronta è chiaramente rinvenibile nell'assolo di "Back It On", e di Joel Hoekstra, in organico negli attuali Whitesnake, che suona funambolicamente in "Can't Slow Down". Non tutto è perfetto, purtroppo: il brano "Hype In My Head", pur sublimato dalla presenta del Maestro Pat Thrall (e per un attimo, sembra ricostituita la coppia indimenticabile Hughes/Thrall), è caratterizzato da un inizio che sembra tagliato con l'accetta, mentre Dave Meniketti, glorioso chitarrista degli Y&T (il cui stile è perfettamente riconoscibile in "Slither Man"), è maldestramente indicato quale Dave Manketti, un errore piuttosto imperdonabile per un personaggio non certo secondario della scena hard & heavy internazionale. In chiusura, una notizia ottima: voci di corridoio riferiscono di ulteriori 5 album in cantiere, a nome di questo organico, con presenze di artisti blasonati ancora più nutrite. Al riguardo, si auspica la scelta di copertine un tantino più accattivanti. |
Randy Pratt: bass Anno: 2023 |