Sarà un’intrusione, sarà un gioco di riflessi; è chiaro appena entrati in sala. Un cuneo di pareti a specchio divide la prima fila ed entra prepotentemente in mezzo al pubblico creando vuoto, non pieno; divisione, non inclusione.
È mercoledì, lo spettacolo prodotto dal teatro di via Pier Lombardi è in cartellone già da un po’, ma la sala è piena, buon segno! A luci accese parte una sirena, fortissima – non è lo spettacolo, è una scelta, un messaggio preciso del Parenti – vuole ricordarci la guerra, le vittime e i dissidenti; l’embargo non deve includere la cultura e Dostoevskij russo (a suo tempo dissidente condannato) non deve, non può essere a sua volta vittima di questa guerra. Buio in sala. Le luci di scena rendono trasparenti le pareti a specchio. Una stanzetta da letto, Goliadkin si sta vestendo; è sovraeccitato, conta i suoi 750 rubli, si capisce che è una giornata importante. Il servitore con la livrea, una giornata di libertà, una carrozza con gli stemmi presa a nolo per andare al pranzo, per vedere Klara, è la sua grande occasione… La duttile scenografia si piega e si trasforma nella carrozza con cui “il nostro eroe” (per dirla con l’Autore) gira per San Pietroburgo. Il mediocre impiegatuccio, che fino a questo momento è allegro e soddisfatto e decisamente sopra le righe, incrocia dei colleghi e il suo direttore, che lo riconoscono, ma lui non è capace di salutarli educatamente, anzi non vuole farsi riconoscere. Primi segni di straniamento. Cambio di programma, meglio andare dal dottore per confrontarsi con lui. Avrà fatto bene a non salutare? Qui Goliadkin spiazza il pubblico (e anche il lettore): di tutto parla, farnetica di nemici, di calunnie e della sua onestà, modestia e rettitudine, fuorché di quello per cui è venuto, si agita, entra, esce, si siede e si rialza e senza una ragione apparente scoppia in un pianto disperato; alla fine non capiamo quale medicina dovrebbe prendere, ma certo siamo interdetti quanto il dottore quando esce definitivamente dallo studio senza aver fatto capire il motivo della visita. Come niente fosse ecco di nuovo Jakov Petrović (importante conoscere anche nome e patronimico) in carrozza verso la villa della festa, verso Klara… Orrore! Arrivato lì …. Meglio lasciare a questo punto il racconto puntuale di ciò che accadrà al “nostro eroe”, e ai nuovi spettatori il gusto di scoprirlo. Quando usci, nel 1846, Il Sosia – secondo romanzo dell’Autore russo, fu un fiasco: troppo moderno per i tempi. Stroncato dai contemporanei, venne più tardi ampiamente rivalutato (“Il sosia è la cosa migliore che Dostoevskij abbia scritto” V. Nabokov). In un romanzo che precorre i modi dello “stream of consciousness”, le scelte drammaturgiche dell'adattamento di Bussotti diventano importanti. Ampio spazio viene dunque dedicato a tutto quel che c’è prima della “rottura” fragorosa che aprirà la crepa da cui entrerà, in un gioco di specchi, dapprima timidamente e poi in modo sempre più invadente e rumoroso, il divertente, furbo, vincente sosia. Bellissimo l’unisono dei due Goliadkin che si riconoscono l’uno nell’altro. Identici nell’aspetto, così capiamo, e anche nel nome, patronimico e cognome. L’unità è rotta, ma Goliadkin Uno cerca di ricomporla con una alleanza. Tuttavia, gli altri non sembrano subito accorgersi di questa incredibile identità (“c'è una certa somiglianza, un che di famiglia”) e per tutto il resto della rappresentazione resterà l’ambiguità: G. Due è solo nell’immaginazione di G. Uno o esiste veramente? Ottima prova dei due attori, Elia Schilton nel ruolo di Goliadkin Uno e Fabio Bussotti, che interpreta tutti gli altri ruoli, incluso l’alter ego del protagonista e l’ironica voce narrante che contribuisce a renderci il sapore dell’opera originale. La recitazione di Schilton rende benissimo questa ipotesi di scissione della personalità di Goliadkin. Il protagonista si accartoccia sempre più a diventare “l’uomo del sottosuolo per eccellenza” (Dostoevskij), mentre l’altro trova felicità e vita. Sulla punta del palcoscenico a cuneo Schilton interpreta il dialogo tra i due facendoci ricordare (mi si perdoni il paragone) certi dialoghi di Gollum con Smeagol; a differenza del personaggio di Tolkien i due non troveranno una via comune. Bellissima, nella sua apparente semplicità, la scenografia di Csaba Antal che consente continui cambi di scena e le proiezioni di Alberto Sansone, che oltre a supportare l’ambientazione e la narrazione, a un certo punto ci restituiscono il pulsare del sangue alle tempie e nelle viscere del protagonista per poi rompersi in una infinita moltiplicazione frattale. Un’ora e mezza ben spesa.
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 6 aprile 2022.
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Il sosia dal 22/03/2022 al 10/04/2022
dal romanzo di Fedor Dostoevskij progetto e regia di Alberto Oliva adattamento di Fabio Bussotti con Elia Schilton e Fabio Bussotti
scene - Csaba Antal costumi - Simona Dondoni video - Alberto Sansone luci - Paolo Casati
assistente alla regia Fabrizio Kofler maschera Ilaria Ariemme macchinista Filippo Strametto elettricista Gianni Gajardo fonico Mike Allen Reyes sarto Giacomo Viganò
produzione Teatro Franco Parenti
TEATRO PARENTI Via Pier Lombardo, 14 MILANO tel: 02 5999520
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ORARIO SPETTACOLI Mercoledì 6 ore 19.15 Giovedì 7 ore 20.30 venerdì 8 ore 19.15 sabato 9 ore 19.15 domenica 10 ore 16.45
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