L’attore e regista Pino Carbone in modo sfrontato e personalissimo, porta in scena uno spettacolo, politicamente e veracemente scorretto, sul pugile che ha segnato un’epoca per la boxe e per gli sportivi afroamericani.
Cassius Clay (un nome "da schiavo" come lui stesso lo ebbe a definire) divenne il famosissimo Muhammad Alì: un boxer imbattibile e con uno stile inconfondibile, quasi un “ballerino” sul ring. Lo spettacolo di Di Leva e Carbone crea uno spazio virtuale nel quale far incontrare il grande pugile col pubblico, un evento di per sé impossibile, ma costruito e creato affinchè questo meeting possa concretizzarsi attraverso la rievocazione di discorsi (che Alì amava fare spesso utilizzando la rima), pensieri (sulla politica e sul razzismo), attimi di vita privata e soprattutto “forza” indubbiamente fisica, ma anche mentale e di spirito (“Se la mia mente può concepirlo e il mio cuore può crederlo, allora io posso compierlo”). La rappresentazione è un vortice di pensieri e parole, allenamenti estenuanti ed attimi quasi infantili. Francesco Di Leva, sapientemente guidato dalla regia di Pino Carbone, non si risparmia nell’interpretare il famoso pugile in una performance letteralmente sudata e profondamente vissuta, riuscendo a far emergere il carisma che il grande sportivo riusciva a suscitare. Complici in questa rievocazione, che non è solo personale ma anche storica e sociale (i riferimenti all’America razzista ed alla guerra nel Vietnam ne sono un palese esempio), sono indubbiamente le musiche e le luci che riescono a ricreare atmosfere surreali e coinvolgenti. La pièce è molto originale, si dipana tra il palco e la sala con un totale abbattimento della quarta parete; in alcuni momenti sembra addirittura bloccarsi per poi riprendere con vigore. Forse, però, proprio questa apparente improvvisazione fa perdere un po’ dello slancio che lo spettacolo sembra promettere in apertura, creando momenti più “lenti” che rischiano di spezzare il ritmo della narrazione. Lo spettacolo è comunque coinvolgente specie per chi, non più giovanissimo, ha modo di ricordare tanti momenti – belli o brutti – di un passato neanche troppo lontano quando la tenace volontà di un “negro” è stata capace di scuotere il mondo.
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 30 maggio 2024. |
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Muhammad Ali con Francesco Di Leva uno spettacolo di Pino Carbone e Francesco Di Leva regia Pino Carbone drammaturgia Linda Dalisi scene Mimmo Paladino costumi Ursula Patzak e Giovanna Napolitano musiche Marco Messina e Sasha Ricci luci Cesare Accetta assistente scenografo Mauro Rea datore luci Desideria Angeloni produzione Nest Napoli Est Teatro
“Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto, è un’opinione. Impossibile non è una regola, è una sfida. Impossibile non è uguale per tutti. Impossibile non è per sempre.” Presentazione In scena un attore e un regista che sotto gli occhi degli spettatori costruiscono emotivamente, poeticamente e artisticamente lo spettacolo. L’ispirazione nasce concretamente dal corpo di Muhammad Ali, un corpo allenato, messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, acclamato; un corpo astuto che sa come attutire un colpo, un corpo pronto, forte, nero, in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia. Note di regia Incontrare Muhammad Ali, la nostra prima sfida, il nostro primo desiderio. Far avvenire questo incontro in uno spazio, in scena, con il pubblico che ci guarda, con le luci che ci illuminano. Un incontro da costruire, da immaginare come momento meraviglioso, perché impossibile. “Ho lottato contro un coccodrillo, ho lottato con una balena, ho ammanettato i lampi, sbattuto in galera i tuoni. L’altra settimana ho ammazzato una roccia, ferito una pietra, spedito all’ospedale un mattone. Io mando in tilt la medicina.” In scena proviamo a rincorrerlo, rincorrere lui, il suo personaggio, la sua importanza, le sue parole irriverenti, veloci, in rima, pesanti, leggere, fondamentali. Rincorrere la sua vita, il suo carisma, la sua sicurezza. Rincorrere la sua velocità con la nostra velocità, la sua forza con la nostra forza, la sua infantilità con il nostro essere bambini, la sua icona con la nostra volontà. Rincorrerlo per affrontarlo, affrontare ogni suo aspetto: quello sportivo, quello politico e quello privato. “Cassius Clay è un nome da schiavo. Io non l’ho scelto e non lo voglio. Io sono Muhammad Ali, un nome libero. Vuol dire amato da Dio. Voglio che la gente lo usi quando mi parla e parla di me.” In scena un attore e un regista, che sotto gli occhi del pubblico costruiscono emotivamente, poeticamente e artisticamente lo spettacolo. La nostra ispirazione nasce concretamente dal suo corpo, il corpo di Muhammad Ali, un corpo allenato, messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, acclamato, un corpo astuto, che sa come attutire un colpo, un corpo pronto, forte, nero, un corpo in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia. “Se la mia mente può concepirlo e il mio cuore può crederlo, allora io posso compierlo.” Abbiamo immaginato di scomporlo il suo corpo, pezzo per pezzo, con la stessa attenzione che richiede l’osservazione dell’avversario prima di un incontro. Con lo stesso interesse che merita il vincitore dopo un incontro, accostando ad ogni pezzo del suo corpo un aspetto della sua personalità. Ad ogni pezzo del suo corpo una sfida. “Sono il re del mondo, sono carino, sono cattivo. Ho scosso il mondo, ho scosso il mondo, ho scosso il mondo!” Francesco Di Leva e Pino Carbone (Fonte: comunicato stampa)
Teatro di Villa Lazzaroni Via Appia Nuova, 522 Via Tommaso Fortifiocca, 71 00181 Roma Info e prenotazioni: 392 4406597
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www.teatrovillalazzaroni.com
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