Così, mentre ancora il pubblico rumoreggia poiché le luci in sala non sono calate dando in tal modo implicito l'avviso dell'inizio della recita, guadagna la scena Diana Manea, la psicologa di classe di Dante/adolescente (Daniele Cavone Felicioni) il quale, da par suo, arriva di gran carriera da fondo platea approdando sul palco vestito d'un mantello rosso cardinale e bardato di zainetto, rivelando alla terapeuta, senza troppi preamboli e con un slang metropolitano, la crisi esistenziale nella quale versa clamorosamente dopo due anni di DAD e, più nello specifico, per via d'un non corrisposto innamoramento. S'affaccia dalla balconata sinistra, evocata dal nostro Alighieri, una disincantata Beatrice (Giulia Trivero), che disvela al Sommo i fatti che riguardarono la sua stessa adolescenza, fra cui il matrimonio combinato dalla di lei famiglia con un tal manager, Simone Bardo, e la sua stessa precoce dipartita a ventiquattro anni, fatti questi utili, secondo la donzella, a distogliere il Poeta dalle idealizzazioni metaforiche a suo carico, poiché le stesse furono e sono funzionali ad una evidente forma di alienazione dalla realtà, strumentale unicamente ad ammortizzarne l'impatto nel suo vissuto personale e a dargli, sottinteso, la fama ridondante ch'ebbe e che avrà. Geniale la trovata di smarcare le allegorie presenti nel primo canto dell'Inferno, rappresentate dalle fiere, accostandole pirotecnicamente al mondo della moda, in cui si incastona il multitasking traghettatore Virgilio (Michele Dell'Utri) il quale introduce disinvolto una rella in stile Milano Fashion Week sfilando nelle vesti dell’elegante Lonza sulle note di Dua Lipa - Dance The Night e a seguire si trasmuta in un crinuto e statuario Leone incoronato accompagnato dalla melodia notissima de "Il Cerchio della vita", chiosa l'irresistibile momento pop una nera Lupa sfrecciando su un monopattino coduto. Citazioni di Aristotele e prosopopea di un Virgilio rapper - influencer, a tal punto da sponsorizzare sé stesso attraverso le T-shirt personalizzate da una V color oro sbrilluccicante, cappellino nero con alloro gold, ingombranti collane catena, che intona, grazie all' autotune, passando dal falsetto al tenorile, mentre s'affaccia baldanzoso dal versante destro, brani estrapolati dal recente Festival di Sanremo e dalla colonna sonora della serie "Mare Fuori". L'efficacia della scrittura e della convincente interpretazione fa sì che Dante venga simpaticamente ridimensionato, detronizzato per certi versi dall'idea immaginaria che tutti noi custodiamo, senza che questo risulti fuori sync, imbeccato di presunto plagio del Maestro, riconducendolo al ragionamento ed al buon senso ed evitandone la ridicolizzazione. Canalizzato e rassicurato il padre della lingua italiana, è rivolto ai giovani astanti il monito ad uscire dall'ignavia della bassa autostima e l’esortazione ad imboccare con determinazione l'uscio rubro che li transiterà fuori dalla finzione scenica, verso l'ade della realtà, in compagnia di sé stessi e degli amici reali, quelli a cui attingere davvero, senza paura d'affrontare la normalità del quotidiano. Un cast ottimamente assortito, disinvolto, entusiasta e avvezzo alla recita in costume, ove questo è solo un espediente ben congeniato al fine di ricordare che le gesta narrate riguardano sì epoche lontane parecchi secoli ma che neppure per un istante si rimane imbrigliati in tessuti espositivi distanti dal tempo attuale persino durante la citazione di terzine incatenate o esametri dattilici. Eccellente! La presente recensione si riferisce allo spettacolo del 25 febbraio 2024 |
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